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Hakar, un uomo da cui possiamo imparare a essere buoni

Care lettrici,

cari lettori,

l’apertura di Voce di questa settimana è un po’ “irrituale”. Non vi parliamo di un sacerdote, di un Vescovo o di un volto noto della nostra Diocesi. Anzi… vi raccontiamo la storia di un curdo iracheno di 42 anni, che giovedì mattina è andato a fare una passeggiata agli argini della città e improvvisamente è morto d’infarto. Non sembra una notizia da prima pagina. Al massimo, in un giornale normale questa sarebbe una “breve” da pagina interna. Ma per noi di Voce non è così: perché Hakar (questo è il suo nome) era uno importante, e adesso, dopo la sua nascita al Cielo, lo è ancora di più. Sta infatti emergendo dalle testimonianze di chi lo ha conosciuto tutta la grandezza della sua umanità: generosa, umile e lieta, malgrado le sofferenze di una vita messa duramente alla prova da guerre e persecuzioni. Qui da noi Hakar è stato una presenza che lasciava un’impronta in chiunque lo incontrasse. Capivi subito che davanti a te c’era una persona buona: un povero di spirito, nel senso cristiano del termine, colmo di una gratitudine che si trasmetteva per osmosi. L’avrò incontrato tre o quattro volte, in tutto: mi bastava salutarlo per rallegrarmi. Il bene che Hakar ha fatto su questa terra sarà certamente ricompensato in Cielo. Ma la cosa più stupefacente, lo ripeto, è che quel bene compiuto con semplicità stia “esplodendo” adesso, dopo la sua morte: sia come memoria riconoscente del passato, sia come esempio lieto per il presente.

Come ha detto il Vescovo parlando di lui, «Hakar è venuto da persona bisognosa tra noi, e se ne va da benefattore». E ancora: «Nella Chiesa i migliori non sono quelli che hanno i posti umanamente più alti: il Papa, il Vescovo, i preti. Nella Chiesa i migliori sono quelli che vivono la santità, che vivono l’amore di Dio in pienezza».

Ecco, adesso Hakar lo conoscete anche voi. Ps: Hakar era musulmano.

direttore@lavocealessdrina.it

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