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Associazione “L’Abbraccio” – Da Fubine al Benin. Con fede

Pino Di Menza, già medico di famiglia a Fubine, è presidente dell’associazione “L’abbraccio” (www. labbracciofubine.it), fondata nel settembre 2004.
“Il 6 settembre del 2003 muore mio figlio Paolo.
I suoi amici si mettono insieme, formano il comitato “Amici di Paolo” e raccolgono 50 mila euro per l’acquisto di un’ambulanza. Da lì ci siamo trovati in nove amici e abbiamo raccolto l’eredità del comitato, fondando l’associazione”.
L’abbraccio, per questi nove amici, va in due direzioni, una lontana, l’altra vicina. “Verso i lontani, cerchiamo di aiutare gli altri in un processo di umanizzazione, partendo dai bisogni primari delle persone.
Abbiamo scelto i bambini come direzione indicativa su cui muoverci: istruzione, alimentazione e salute.
Ma vogliamo andare anche verso i vicini, in termini di riscoperta della relazione, fino ad arrivare a un legame affettivo”.
Cioè? “Papa Francesco” spiega Di Menza “lo dice spesso: ‘Non abbiate paura di essere teneri’, di esprimere il vostro affetto prima alle persone care e poi a tutto il mondo. Dobbiamo imparare e aiutarci vicendevolmente a riscoprire gli affetti. Noi stessi, che facciamo questa proposta, ci umanizziamo, ne ricaviamo un senso alla nostra esistenza, a partire dall’esperienza di separazione, anche traumatica, che abbiamo fatto. La vita
può essere vissuta solo se ti doni agli altri”.
Pino e i suoi amici, ai quali presto si aggiunge il dottor Pierluigi Seymandi, che come lui ha perso un figlio in giovane età, iniziano a Fubine e nei paesi vicini un percorso di integrazione accogliendo famiglie di richiedenti asilo, affittando loro un alloggio e cercando di renderli i più autonomi possibile. Ma non solo. Racconta Seymandi: “Da qui a novembre succede che dovremmo completare le strutture ospedaliere a Sokpontà, nel Benin, in Africa, con il reparto di neonatologia. Durante le nostre spedizioni vedevamo passare diversi bambini nati prematuri.
Abbiamo visto che c’era un bisogno reale a cui dovevamo rispondere”.
Ma come sono arrivati in Benin, gli associati de “L’abbraccio”? “Con i soci fondatori ci siamo detti di ‘abbracciare’ l’Africa. Nel dialogo con il parroco di Fubine di allora, don Franco Cipriano, che lavorava già in Benin, è venuta fuori questa opportunità” spiega Di Menza. “Nel gennaio
2006 abbiamo costruito, e adesso manteniamo, una scuola con 6 classi e 250 bambini.
Ci siamo sostenuti con una rete di fiducia reciproca tra i membri, ci siamo autotassati e abbiamo coinvolto tutto il paese di Fubine. La rete
si è allargata attraverso il passaparola, da amico ad amico”.
Dopo aver costruito la scuola, in cassa c’erano ancora dei soldi. Gli amici dell’associazione decidono allora di fare anche il collegio. Fatto anche quello, rimangono ancora dei fondi. Come usarli? “A questo punto” commenta Pierluigi Seymandi “abbiamo realizzato l’ospedale pediatrico, inaugurato nel settembre 2010, con reparto medico, servizi di radiologia, laboratorio analisi e farmacia. Poi nel 2012 abbiamo inaugurato
la chirurgia pediatrica  tutta nuova, con due sale operatorie con aria condizionata e degenza.
In ospedale tutto il personale è locale: medici, infermieri, elettricisti e così via”. Il dottor Seymandi diventa responsabile del reparto chirurgico e del reparto di maternità.
Il 10 novembre Seymandi, vicepresidente dell’associazione, partirà per Sokpontà e si fermerà per tre settimane con un’équipe chirurgica,
anestesiologica e infermieristica composta da volontari provenienti da Genova, Monza, Milano, Imperia e, naturalmente,
Alessandria. “Io andrò giù il 20 novembre con altri medici e infermieri per dare il cambio” commenta Pino Di Menza. “Ci sarà anche il ginecologo, il dottor Roberto Chiapponi, che è già venuto con noi altre volte. E il 25 novembre inaugureremo la neonatologia”. Il progetto dell’associazione
“L’abbraccio” non termina con l’inaugurazione del 25. È già partita la creazione di un’azienda agricola che produca reddito attraverso la coltivazione, l’allevamento e la trasformazione, per mantenere, almeno in parte, scuola, collegio e ospedale.
“Così diamo lavoro agli abitanti di Sokpontà, con l’intenzione di abbinare una scuola professionale che formi le persone, in modo che poi si rendano autonome” concludono Di Menza e Seymandi.
“In quest’ambito abbiamo già finanziato una panetteria dove lavorano 30 donne, con turni continuati 24 ore su 24.
Noi abbiamo acquistato le attrezzature a livello industriale, e una panettiera di Felizzano, Franca Gotta, è venuta in Benin a fare formazione”.
Che cosa si impara da un’esperienza come questa? Dice Seymandi: “Il mio guadagno è il piacere di risolvere dei problemi, di aiutare delle persone che senza la nostra opera non potrebbero guarire. Gli ospedali in Benin sono fatiscenti e privi di mezzi”. Gli fa eco Di Menza: “Da una
situazione di devastazione in cui mi trovavo, l’aver trovato una direzione mi ha dato la possibilità di riemergere e di vivere. Ho recuperato la fede, anzi, me l’hanno fatta recuperare.
Ero arrabbiatissimo con il Padreterno… Invece adesso sto cercando di capire che cosa il Signore voglia da me. Mi è morto un figlio, è vero, ma grazie a questa esperienza ne ho trovati migliaia”. Che sia davvero questo il “centuplo quaggiù” promessoci?

 

Andrea Antonuccio 

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