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Interviste Mandrogne – Ferraris: “Impariamo dai classici… anche tradotti in dialetto!”

Gian Luigi Ferraris presiede la Società Alessandrina di Italianistica e il Comitato scientifico Unitre di Alessandria. Ricopre altresì la carica di vice presidente del club Unesco di Alessandria e di presidente del Centro Studi Monferrini. E’ lui il «mandrogno» che, questa volta, andiamo a intervistare.

Gigi, quali sono gli obiettivi dell’Associazione degli Italianisti?
«La Società Alessandrina di Italianistica da 15 anni dà vita a iniziative volte a favorire una migliore conoscenza e la valorizzazione delle diverse espressioni e produzioni letterarie, linguistiche, di critica letteraria e storico-letteraria attraverso le quali si è espressa nel tempo la cultura italiana. Voglio citare anche le due ultimissime iniziative, entrambe dedicate alla memoria di Umberto Eco a due anni dalla sua scomparsa: un concorso studentesco provinciale e la preparazione, in atto, di un volume miscellaneo, in chiave strettamente ‘alessandrina’, di testimonianze biografiche e critiche sul nostro grande concittadino».

Hai dato alla stampe un importante dizionario sui dialetti monferrini di cui fa parte l’alessandrino. Com’è lo stato di salute del nostro vernacolo?
«Tenuto conto che esso non è più ‘lingua materna’ e di ampia diffusione sociale, resiste per fortuna strenuamente alla sua scomparsa: penso agli studi condotti su di esso in termini di cultura specialistica, ma anche all’uso popolarmente ‘letterario’ che un gruppo nutrito di appassionati continua a farne (businà, concorsi di poesia, letture pubbliche, spettacoli teatrali, ecc.).

La tua ultima fatica letteraria, con l’amico Luciano Olivieri, si intitola «Quintus Horatius Flaccus, in nòsteramìs». Ce ne vuoi parlare?
«Abbiamo tradotto dieci testi latini di Orazio in dialetto monferrino e in dialetto mandrogno, in parallelo: è stato un curioso esperimento, se posso dire, ‘dottamente ludico’, in cui Luciano e io (vecchi compagni di classe al Plana) abbiamo voluto coniugare la comune e un po’ nostalgica memoria scolastica con l’altrettanto condiviso amore per i nostri dialetti. La saggezza oraziana, pur innestata su precise matrici fi losofi che, è per certi aspetti alquanto vicina al buon senso comune, alla riserva sapienziale della società contadina che nei nostri dialetti si è espressa, il che ci ha fatto sentire il grande poeta classico un po’ anche come monferrino e mandrogno».

Mauro Remotti

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