Intervista alla pediatra Sabrina Camilli
In questi ultimi anni sta prendendo piede il fenomeno giapponese degli Hikikomori (letteralmente “stare in disparte”). Un fenomeno, partito dal Giappone, che anche in Italia e nel resto del mondo si sta espandendo. Per capirlo meglio abbiamo chiesto alla “nostra” pediatra, Sabrina Camilli, di raccontarci di più. Per dare più spazio a questo argomento, abbiamo deciso di dividere l’intervista in tre “puntate” (leggi qui la prima puntata e la seconda puntata). Ecco la terza…
Dottoressa, concludiamo l’argomento degli Hikikomori, con la terza “puntata”. Che cosa si può fare per questi ragazzi e le loro famiglie?
«È fondamentale chiedere aiuto: per esempio, ci si può rivolgere a delle associazioni. Una di queste è quella creata dallo psicologo Marco Crepaldi (che il nostro Alessandro Venticinque ha intervistato qui, ndr), il fondatore di “Hikikomori Italia”, un’associazione creata apposta per chi vive questo disagio che genitori e familiari di questi ragazzi possono contattare».
Ci sono farmaci o rimedi che si sente di consigliare?
«Io personalmente consiglio di evitare se possibile i farmaci, mentre trovo sia molto utile intraprendere un percorso di riconoscimento del fenomeno. Ovviamente bisogna rivolgersi a specialisti: psicologi, neuropsicologi, pediatri. Questo proprio perché pian piano il ragazzo possa essere aiutato a descrivere la propria battaglia, la propria fatica. Il percorso procede gradualmente, e tra le sue tappe prevede il recupero del desiderio di impegnarsi, dell’empatia nelle piccole e nuove relazioni, nella condivisione iniziale con i genitori per poi farsi aiutare da altri ragazzi che possono di nuovo coinvolgere il ragazzo in una vita sociale più completa e più “normale”. Questo ultimo punto è particolarmente importante proprio perché i rapporti sociali sono quelli che nutrono la nostra anima e il nostro essere».
Possiamo dire ai genitori che ci leggono che esistono dei comportamenti che possono mettere in atto per prevenire questo fenomeno?
«Penso che per i genitori sia importante come sempre non lasciarsi prendere dagli impegni, dal lavoro, dai propri problemi personali e cercare di fare il possibile per accorgersi sempre di quello che stanno vivendo i nostri ragazzi in famiglia. L’adolescenza è un momento estremamente delicato. Ciò che abbiamo vissuto con il lockdown ci ha portati tutti a vivere dei piccoli e grandi traumi psichici, e a maggior ragione questo vale per i nostri ragazzi che stanno cercando di capire che cosa diventare e che cosa essere giorno per giorno. Possiamo intervenire con la nostra vicinanza-distanza».
Cosa intende?
«Intendo dire che senza stargli troppo addosso dovremmo cercare comunque di non abbandonarli a loro stessi, proprio perché i pericoli possono essere sia fuori casa che dentro le quattro mura della stanza: questo va ribadito con più forza proprio nel momento in cui loro cercano di isolarsi perché il mondo esterno risulta troppo aggressivo e per loro quindi incontrollabile e si sentono incapaci di difendersi, se non attraverso il ritiro».