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Da Pecetto un aiuto per l’Ucraina

Una piccola comunità dal cuore grande

Parla il diacono Luciano Orsini

«Pecetto di Valenza: una realtà oggettivamente piccola, ma dal cuore grande». Inizia così la nostra chiacchierata, che poi è diventata una bella intervista, con il professor Luciano Orsini, delegato vescovile ai Beni culturali della nostra diocesi. Ma soprattutto, in questo caso, diacono permanente a Pecetto. Una comunità nella quale Orsini è nato ed è sempre vissuto.

Ma che cosa è successo di così importante perché se ne parli? «Non appena è scoppiata la guerra in Ucraina, quindi a fine febbraio di quest’anno, ci siamo mobilitati per far fronte a quella che era l’urgenza più grave: la mancanza di medicinali» spiega Orsini.

E dunque? «Nel Vangelo c’è una pagina in cui Gesù dice: “Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi” (Mt 25,35-36). Ecco, per noi è stata l’occasione per vivere direttamente la verità di queste parole. Ci siamo organizzati rapidamente e siamo riusciti a inviare subito otto scatoloni con i medicinali di pronto intervento».

Ma la storia non finisce qui. Perché il medico che cura buona parte dei pecettesi, la dottoressa Beatrice Sommo, ha un’idea che, come dice il diacono Luciano, «coniuga la carità con il pratico. Carità, con la “C” maiuscola»: calibrare gli aiuti sulla base delle reali necessità medico-infermieristiche. E come farlo? Ce lo spiega la dottoressa Sommo: «Inizialmente siamo partiti con una piccola raccolta fondi all’interno del nostro ambulatorio, per acquistare materiali da medicazione. Qui è stato fondamentale il contributo della nostra infermiera Roberta, che ha saputo selezionare quelli più utili per la cura di ferite e ustioni».

Questo è stato l’inizio. E poi? «Il materiale è stato portato nel magazzino di raccolta predisposto a Valenza, in cui la persona che coordina le operazioni è una signora ucraina di nome Ludmilla, che vive da diversi anni a Valenza. Lei è stato il “ponte”: oltre ad avere contatti con il centro di raccolta al confine con la Slovacchia, aveva la possibilità di ricevere settimanalmente da parte di medici volontari dell’ospedale di Kiev l’elenco di farmaci e prodotti medicali utili all’emergenza. Questo ci ha permesso di acquistare i generi assolutamente necessari, senza disperdere risorse e intervenendo in maniera efficace. Con i fondi che abbiamo raccolto, e con quelli che continuavamo a raccogliere».

A un certo punto, le due “strade” parallele, quella della parrocchia e quella dell’ambulatorio, si incontrano. E lo fanno a Messa, nei primi giorni di marzo, quando la comunità di Pecetto ascolta le parole della dottoressa Sommo, che spiega la situazione e le necessità. In quella stessa Messa, ci racconta Luciano Orsini, «abbiamo raccolto immediatamente 2.500 euro». Una cifra inaspettata, impensabile. Questi soldi vengono consegnati alla dottoressa, che provvede ad acquistare la prima fornitura per l’ospedale di Kiev, “base logistica” da cui il materiale parte per essere distribuito in altre parti dell’Ucraina. Ma il concorso alla carità non si ferma qui.

«Dopo la prima raccolta, ne sono seguite altre due, con ottimi risultati: a oggi abbiamo raccolto complessivamente oltre 5.000 euro di aiuti per chi soffre» spiega Sommo. E l’idea è di continuare, perché «temo che purtroppo l’emergenza continuerà ancora a lungo, anche se tutti ci auguriamo che non sia così» spiega la dottoressa, che conclude con un appello: «Se qualche lettore di Voce volesse condividere questa nostra “pagina” di carità, può farlo contattando la parrocchia di Pecetto di Valenza».

Il numero è quello del diacono Luciano Orsini: 340 1280335. «A nome della Parrocchia, mi unisco al ringraziamento di Beatrice per tutti coloro che con grande generosità hanno offerto il Loro contributo per alleviare il dolore di una popolazione coinvolta nel dramma che si sta compiendo in Ucraina. Il Signore e la nostra Patrona che leggono nei cuori diano a ciascuno la serenità di chi ha condiviso con i fratelli che sono nella prova» conclude Luciano Orsini.

Essere medico? Una missione

La testimonianza di Beatrice Sommo

Nata ad Alessandria il 16 aprile 1982, Beatrice Sommo è sposata con Davide dal 2012. Insieme hanno una figlia, Martina, di 7 anni. Elementari, medie e liceo scientifico a Valenza, sei anni di Medicina a Pavia e infine tre anni di specialità in Medicina generale a Torino. Dopo qualche anno di Guardia medica («Molto impegnativa e faticosa, ma è stata un’esperienza fondamentale per imparare quello che faccio adesso in ambulatorio»).

Nel 2016 inizia la sua attività presso l’ambulatorio di Valenza. Beatrice abita a Pecetto, e dunque ha in cura diversi pecettesi. Il suo è un cognome conosciuto nella zona, perché il nonno e il papà erano i medici condotti del paese: «Ho vissuto una vita con mio padre e da sempre avrei voluto seguire il suo percorso». E così è stato. Beatrice, qual è stato l’insegnamento più importante di suo padre? «Prendersi cura delle persone, dando lo stesso peso al lato fisico e a quello psicologico. E trattare il paziente come se al suo posto ci fossimo noi». Perché si è mossa subito in questo modo di forte all’emergenza dell’Ucraina? «Ho pensato alla sofferenza delle persone che facevano una vita “normale”, e da un giorno all’altro si sono ritrovate senza casa, senza affetti e in pericolo di vita. Con la necessità di chiedere e ricevere un aiuto».

Qual è la caratteristica essenziale che un medico dovrebbe coltivare, per fare bene il proprio lavoro di medico? «In una parola, direi l’empatia, che deve fare da sottofondo alla indispensabile conoscenza del mestiere». Quindi il medico che viene a casa nostra, o che andiamo a trovare in ambulatorio, non è solo un dispensatore di cure e medicine… «Certo che no! Servono anche parole confortanti e un’attenzione al lato psicologico delle malattie». Fare il medico è un mestiere come un altro? «Secondo me no, perché chi lavora in altri ambiti, finita la giornata, magari chiude il capitolo e pensa ad altro…».

E il medico? «Spesso ci portiamo a casa le situazioni più difficili dei nostri pazienti, o le brutte notizie che abbiamo ricevuto durante la giornata. I miei amici e i miei familiari mi dicono che dovrei pensare anche a me stessa, ogni tanto (sorride)». Professione, famiglia, amici, tempo libero: la fede, alla fine, cosa c’entra? «Fin da quando ero piccola la fede è sempre stata presente e importante. E sono convinta che la mia realizzazione come medico, moglie e madre è dovuta anche alla fede».

Andrea Antonuccio

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