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Tecnologia per l’uomo: cura e innovazione

“La recensione” di Fabrizio Casazza

«Il testo che segue vuole essere una traccia di come la tecnologia, divenuta complesso industriale, sia sempre più pervasiva della nostra quotidianità e come tale sia il principale fattore di cambiamento nello stile e nelle dinamiche della nostra vita. Tutto questo interroga la fede e interroga la Chiesa» (p. 6). Con questa precisa dichiarazione d’intenti si apre il volume Tecnologia per l’uomo, pubblicato da edizioni San Paolo (pp 144, euro 12).

L’autore è Paolo Benanti, francescano del Terzo Ordine Regolare, docente di teologia morale alla Pontificia Università Gregoriana di Roma; presso la Santa Sede è consultore del Dicastero per la cultura e l’educazione, consigliere della Penitenzieria Apostolica, membro ordinario della Pontificia Accademia per la Vita, membro del Consiglio d’amministrazione della Fondazione “Renaissance”.

Con un taglio divulgativo il libro spiega innanzi tutto che «con la tecnologia noi cambiamo il mondo e noi stessi per abitare il mondo» (p. 17). Quindi la tecnologia, che «è lo studio e la razionalizzazione mediante la scienza delle più diverse tecniche» (p. 20), non può essere considerata fuori dall’ambito etico, dal momento che impegna la libertà e la responsabilità umane.

«Il cambio d’epoca che stiamo attraversando è prodotto dalla tecnologia e dal suo impatto sul nostro modo di comprendere noi e la realtà» (p. 137). I mutamenti attuali hanno generato il Digital Age, l’era digitale, fondata cioè sulla rappresentazione numerica (dall’inglese digit, cifra). Ciò comporta che oggi «quello che conta è solo la correlazione tra due quantità di dati e non più una teoria coerente che spieghi tale correlazione» (p. 108).

Facendo propria l’espressione contenuta nel documento Rome Call for AI Ethics pubblicato nel 2020 dalla Pontificia Accademia per la Vita, il volume auspica la realizzazione di una «“algor-etica”, ovvero di principi, una sorta di guardrail etico, che espressi da chi sviluppa questi sistemi diventino operativi nell’esecuzione dei software» (pp 132-133). Non si può insomma pensare questo settore come un mero comparto tecnico: è ora di studiare un’etica a servizio di uno sviluppo interale, globale, plurale, fecondo e rispettoso della terra. Il programma è impegnativo ma ineludibile.

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