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Gmg, la Via Crucis di papa Francesco

Gmg 2023 – Via Crucis

Gesù è «la via» (Gv 14,6). Nei Vangeli lo incontriamo il più delle volte per strada. Non sta fermo, va nelle piazze, sulle rive del lago, sui monti, nel tempio… Non ha dove posare il capo (cfr Mt 8,20).

Non si lascia condizionare dalle aspettative della gente, non si fa rinchiudere in un ruolo, né catturare da cerimonie e ritualità distanti dalla realtà. Egli passa, percorre i solchi della vita quotidiana, fissa i volti negli occhi, volge lo sguardo a chi soffre e attende speranza, sente compassione per chi è affaticato, tende la mano a chi è nel dolore. Si ferma davanti alla storia di ciascuno e di tutti si prende cura con tenerezza, per poi riprendere il cammino.

La vita pubblica di Gesù è sempre in viaggio; la vita intera di Gesù è un viaggio. Cresciuto alla scuola di Maria, la quale «si alzò e andò in fretta» (Lc 1,39) verso Elisabetta, Egli ci mostra che Dio esce da sé stesso per mettersi alla ricerca dell’uomo. Cristo è Colui che si è fatto come noi per venirci incontro, fino ad abbassarsi ai nostri piedi per lavarli, fino a provare le nostre piaghe per risanarle, fino a toccare il punto più basso della nostra umanità: le solitudini, le paure, le sofferenze, il dolore, l’abbandono, la morte. Fino al sepolcro.

Sì, il Figlio di Dio è salito sul Calvario per scendere fino in fondo verso di noi. Perché così è il cammino dell’amore, e «nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Gv 15,13).

La croce, che accompagna ogni GMG, è l’icona di questo cammino. È il santo segno dell’amore più grande, l’amore con cui Cristo vuole abbracciare la nostra vita. La croce, allora, ci rivela la bellezza dell’amore.

Caro giovane, cara giovane, il paradosso della nostra fede è questo: la bellezza del Crocifisso. La bellezza di un amore che si dona completamente a me. La bellezza di un amore che porta i segni delle mie ferite. Di un amore senza misura eppure concreto e perciò credibile, che ci porta a piegare le ginocchia, a lasciare che il cuore si commuova, che le lacrime scorrano sul volto, che la preghiera sussurri: «Signore, per l’ineffabile tua agonia, posso credere nell’amore» (P. MAZZOLARI, Un volto da contemplare, Milano 2001, 86).

Fratelli e sorelle, anche stasera Gesù è in cammino con noi. Cammina al nostro fianco senza fermarsi, senza sosta, senza minimamente pensare che sia inutile, senza smettere di sperare per noi, senza smettere di amarci. Ecco la via crucis: Egli «se ne va a capo scoperto. La morte, il vento, l’ingiuria: tutto riceve in faccia, senza mai rallentare il passo. Si direbbe che ciò che lo tormenta è nulla rispetto a ciò che egli spera» (C. BOBIN, L’uomo che cammina, Magnano 1998, 11).

Che cosa spera Gesù? Di aprire le finestre della tua anima alla pienezza della sua vita e del suo amore; di asciugare le tue lacrime nascoste con la sua tenerezza; di colmare la tua solitudine con la sua vicinanza, la tua paura con la sua consolazione; di sollevarti dai pesi interiori che ti opprimono; di sanare le ferite dei tuoi peccati; di farti uscire dalle paralisi della tristezza, della rassegnazione, di quell’accidia dell’anima che ti spegne l’entusiasmo; di spingerti ad abbracciare il rischio dell’amore, perché tu diventi artigiano di gratuità, pieno di attenzioni verso chi è più povero, responsabile nei confronti del tuo tempo, della società e del creato.

Questo spera Gesù: Lui, che «guarì le tue piaghe su quella croce dove a lungo sopportò le sue»; Lui, che «ti liberò dalla morte eterna su quella stessa croce dove accettò la morte temporale» (S. AGOSTINO, In Ioan., III,3); Lui lotta e non si arrende perché la tua vita non venga inghiottita dal buio della morte. E, per ogni “morte” che sperimenti, scende nei tuoi abissi e ti solleva alla vita, la sua vita. E alla fine di questo cammino, ha preparato per te il suo stesso approdo, il Cielo: Egli trasformerà l’arrivo della tua esistenza in un nuovo inizio, in una risurrezione senza fine, in una vita di gioia e pace eterne, senza lutto né lacrime, senza dolore né rimpianto. Amici, questo vuole Gesù e per questo Lui, che «è il segreto della storia, […] la chiave dei nostri destini» (S. PAOLO VI, Omelia a Manila, 29 novembre 1970), cammina fino al Golgota e sale sulla croce per noi. Egli desidera riaccendere in noi la luce della bellezza e renderci sentinelle di speranza, capaci di osare passi nuovi nel buio della notte, di non appiattirci nel passato, di non lasciarci intimorire dal futuro.

Allora, stiamo connessi a Cristo, camminando dietro a Lui, nostro Salvatore. E, salendo il Calvario con Lui, presentiamogli i sogni, i desideri e le gioie, insieme alle sofferenze, alle paure, alle situazioni in cui ci lasciamo cadere le braccia. Uniamo al suo abbandono le nostre solitudini più amare, al rifiuto che ha patito i torti che abbiamo subito. Portiamogli le aspettative di una Chiesa che sia più sua e di un mondo che sia più giusto, ospitale e fraterno. Chiediamogli di prendere ancora una volta su di sé le ingiustizie, le violenze, le discriminazioni, gli orrori della guerra e tutto ciò che ferisce i poveri e devasta il creato.

Fratello, sorella, le nostre ferite, le nostre fragilità e le nostre colpe non sono lasciate a sé stesse. Noi crediamo che Gesù si è caricato di tutto il male e il dolore perché il male e il dolore non rimangano più senza senso e senza via d’uscita. Allora, con Gesù ciascuno di noi può testimoniare e dire: «Credo a Colui che ti cerca, a colui che soffre in me, in altre persone, in te, per te, credo in colui che ha detto “quando sarò elevato sulla croce attirerò tutti a me”.

Lui è lì da venti secoli, carne di obbrobri, carne di dolori, carne di riscatto, e che tu lo voglia o no il suo terribile grido “Ho sete” grida in te. […] E quando nella tua grande povertà dirai “Signore, non ho nulla da donarti”, sarà lui a donarti l’acqua viva» (M. DELBRÊL, Éblouie par Dieu. Correspondance, 1: 1910-1941, in Œuvres complètes, Montrouge 2004, tome I, 132-133). Portiamogli le grida straziate della nostra umanità riarsa, assetata di pace. Guardiamo con fiducia a Colui che «è la nostra pace» (Ef 2,14).

A Lui, trafitto per noi, apriamo il cuore. In Lui confidiamo. Il sangue e l’acqua, che sgorgano dal suo costato, discendano su di noi, ci purifichino e ci trasformino. Ci rendano profeti appassionati del Vangelo, testimoni audaci di speranza.

Papa Francesco

Parco Edoardo VII (Lisbona) 

Venerdì 4 agosto

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