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Adesso basta: l’intervista a Don Fortunato di Noto

«Non è possibile che si tenga un “basso profilo” sugli abusi! Ancora oggi diversi membri della Chiesa pensano che questa storia non li riguardi» l’intervista a Don Fortunato di Noto

Don Fortunato Di Noto, sacerdote siciliano, è fondatore e presidente dell’associazione Meter, che da oltre trent’anni è una istituzione, in Italia e all’estero, nella lotta a ogni forma di abuso contro i minori, dalla pedofilia alla pedopornografia, soprattutto online. Domenica 5 maggio, in occasione della Giornata dei bambini vittime della violenza, dello sfruttamento, dell’indifferenza e della pedofilia, la “squadra” di Meter si è recata a Roma in Piazza San Pietro con magliette, cappellini e striscioni gialli per partecipare al Regina Caeli del Pontefice. «Grazie, grazie per il vostro impegno! E continuate con coraggio la vostra importante attività»: questo il caloroso saluto che papa Francesco ha rivolto a quei pellegrini vestiti di giallo, il colore “distintivo” dell’associazione. Abbiamo contattato don Di Noto per farci raccontare il valore delle parole del Santo Padre e fare il punto su una piaga, quella della pedofilia, che non sembra arrestarsi. Anzi…

Don Fortunato, partiamo dalle parole del Papa. Cosa ti ha più colpito?

«Le parole del Santo Padre ci hanno sempre incoraggiato. Domenica abbiamo percepito la sua gratitudine: quei due “grazie” e quell’incoraggiamento ci confermano nella fede e nell’opera che Meter porta avanti da più di 30 anni. Noi lo viviamo come un incentivo a fare rete con la società e con la Chiesa, perché questa piaga possa diminuire e non ci siano più vittime: bambini che vengono schiavizzati con la pedopornografia. L’incontro con il Pontefice lo facciamo da 28 anni: è un impegno annuale, mantenuto con Francesco, così come con Benedetto XVI e con Giovanni Paolo II, che ci fa stare in comunione con la Chiesa e con il Papa. Questo è un impegno che ci vede protagonisti, senza se e senza ma. Ben consapevoli che non stiamo parlando di un tema a noi sconosciuto: conosciamo bene il dramma che la Chiesa ha vissuto, e vive, con alcuni sacerdoti».

Ecco… a che punto è il cammino della Chiesa sugli abusi ai minori?

«Non sono io il massimo “rappresentante” su questi temi, ma posso dire che la Chiesa si sta muovendo. Una cosa è sicura: ci sono state delle risposte, ma bisogna fare di più. Tante vittime attendono di essere accolte e ascoltate. Aspettano una giustizia canonica, ma anche civile e penale da parte dello Stato e dei tribunali. La Chiesa si è data delle linee guida, ha cercato e sta cercando di dare delle risposte. Lo ripeto con determinazione, con forza: dobbiamo ancora fare molti passi avanti nella consapevolezza del problema. Papa Francesco, nel 2021, ha definito l’abuso come un “omicidio psicologico”. A volte c’è una forma di paralisi, una resistenza, e non si comprende che è possibile imparare dai nostri errori. La Chiesa come Madre accoglie tutti i suoi figli, e vuole evitare il nascondimento dei fatti. Lo ripeto: non è più il tempo di coprire quello che è successo».

Che cosa raccontano i numeri del Report 2023 di Meter?

«I numeri raccontano che dietro a ognuno di essi c’è una persona, un bambino. Non è l’elaborato di una società statistica, ma il quotidiano lavoro che l’associazione fa in contrasto a questa emergenza. La pedopornografia non è un gioco, lo diciamo sempre. Voglio ricordare che il Report è presentato insieme con la Polizia postale e le Forze dell’ordine, tutto ciò che diciamo ha ricevuto una segnalazione concreta, vera. I numeri rappresentano un dramma. Su tutti, colpisce l’aumento delle mamme che abusano dei loro figli, così come l’incremento degli abusi sui bambini disabili. Sono drammatici i numeri di chi si approfitta di coloro che non possono chiedere aiuto. Noi allora dobbiamo creare una rete di prevenzione e informazione. Il Report racconta che non possiamo mettere più la testa sotto la sabbia, come gli struzzi. I bambini sono figli di Dio, sono figli di tutti. Ognuno deve fare la propria parte».

Si parla anche di criminalità organizzata.

«Esatto, si parla di pedocriminalità. I bambini sono diventati merce, un business in tutto il mondo. Non è un problema legato a una nazione in particolare, e questo viene confermato anche dal direttore della Polizia postale italiana, il dottor Ivano Gabrielli: si parla di strutture criminali dietro alla pedopornografia. E con le segnalazioni, in questi anni, abbiamo fatto scattare 27 operazioni con indagini e arresti. Siamo stanchi di sentire la solita litania sul numero di abusi sui minori… ora bisogna agire».

La storia più dolorosa che hai incontrato?

«Ogni vicenda è una ferita. Abbiamo ascoltato in questi anni più di 2.500 vittime: ogni storia ha il suo dramma, ogni storia è una sofferenza. Ti racconto una cosa…».

Racconta.

«Domenica, in Piazza San Pietro, sono venute spontaneamente tantissime persone con le magliette gialle: un movimento di popolo inaspettato. A un certo punto si avvicina una giovane donna, anche lei con la maglietta gialla, e mi dice: “Don Fortunato, sono una bambina che tu hai salvato molti anni fa”. Io la guardo e dico: “Non ricordo…”. E lei: “Io ricordo, e oggi sono qui perché continuo a fare la mia parte”. Allora, essere stati aiutati e salvati può davvero lenire la sofferenza di un abuso. E questo mi ha ricordato la storia di Salvo, un ragazzino abusato da un sacerdote: oggi Salvo è padre di due bambini. Meter gli ha dato la forza, il sostegno, e le sue ferite sono diventate feritoie da dove passa la luce, il giallo di Meter. Guarda, sono tutte storie dolorosissime, ma da cui è possibile uscire. Per vivere una vita nuova, risorta. È difficile, ma possibile».

Sembra che in Italia si faccia ancora fatica a parlare di abusi. Soprattutto nelle nostre comunità ecclesiali. Quale appello faresti a chi tende a minimizzare questa piaga?

«Mi appello ai vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, e a tutti gli operatori pastorali: non è possibile che si tenga un “basso profilo” sugli abusi! È intollerabile… ma ancora oggi diversi membri della Chiesa pensano che questa storia non li riguardi. Ma se un membro soffre, tutta la comunità soffre. Ogni battezzato abusato è una ferita che la comunità cristiana vive. Ci appartiene. Sembra quasi più “facile” fare attività o iniziative concrete per altre cause: ma è possibile che per le vittime di abuso non si sollevi un grido del popolo santo di Dio? Un grido che ribadisca il “no” alla violenza sui minori? Non deve accadere, è uno scandalo e non possiamo girarci dall’altra parte. Io sono un prete che viene dal profondo Sud, sono un poveraccio: non ho ruoli apicali, non sono responsabile di settore, non ho potenze economiche. Questo scrivilo, per favore».

Scritto.

«E vorrei aggiungere ancora tre cose».

Certo.

«Io mi chiedo: ma come è possibile che noi siamo così pochi a occuparci di questa emergenza? Allora rinnovo tre appelli. Il primo è ai Vescovi (il tono si fa più deciso, ndr): finiamola di dire che non c’entriamo con questa storia, questa piaga va affrontata seriamente e fino in fondo. Il secondo, ai sacerdoti: vi chiedo di ricordarvi che Gesù darebbe la vita per i più piccoli, e anche noi dobbiamo farlo. L’ultimo appello è al popolo cristiano: papa Francesco ci ha ricordato che siamo tutti impegnati in questa battaglia, ormai il livello è intollerabile. Anche un solo caso è grave. E riguarda ognuno di noi».

Alessandro Venticinque

 

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