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Lourdes, tra volti e storie

Alla scoperta dell’esperienza del pellegrinaggio a Lourdes attraverso i racconti di chi lo ha vissuto per la prima (o la 30a) volta

  • Benedetta, 1° viaggio
  • Ornella, 1° viaggio
  • Leonardo, 1° viaggio 
  • Carla, 30° viaggio

Benedetta Sciuto, 18enne di Roma, è appena diplomata e inizierà Legge nella sua città. È il suo primo anno a Lourdes, come dama.

Benedetta, perché sei andata a Lourdes?
«In realtà non volevo andare, ma sono stata spinta. Mi hanno un po’ ingannata dicendomi che era un viaggio che “doveva essere fatto”. Io mi sono detta: “Chissà che viaggio è? Devo andare a Messa tutti i giorni?”. Ma ci sono andata perché c’è stata una specie di chiamata».

Cosa ti ha colpito di più?
«È stato un viaggio di cambiamento. Se all’inizio ero scettica, già dal secondo giorno l’aria che si respirava, la speranza che vedevo negli occhi dei malati e la fede che vedevo nei ragazzi che facevano servizio con me è stata un emozione molto forte. Anche solo alzarsi al mattino, stanchi dal giorno prima, per andare dai malati e trovarli sorridenti che aspettano solo te mi ha colpito molto».

Che cosa hai chiesto alla Madonna?
«Le mie intenzioni sono state soprattutto per gli altri, perché ho visto che ce n’è davvero bisogno. Di conseguenza mi sono accorta di quanto fare il bene agli altri faccia bene a noi stessi. Questo viaggio mi ha aiutato a crescere. Mi sento cambiata, non da un giorno all’altro, è stato un processo. Penso che proprio queste intenzioni che ho voluto fare ai malati e ai miei compagni di servizio siano state un vero e proprio cambiamento per me».

Ci ritorneresti?
«Assolutamente sì, ritornerei anche adesso (ride), nonostante la stracchezza del viaggio. L’ambiente che si trova là è come una casa: riesci a trovare un’intimità con le persone che non capisco ancora adesso da dove venga. Lourdes diventa una casa, una casa per tutti. Siamo tutti accomunati dalla stessa cosa che è la fede, la speranza, che ci rende tutti uguali e tutti “sulla stessa barca”».

Ornella Baliardini, 61 anni, pellegrina ammalata, è la prima volta che vive l’esperienza di Lourdes.

Ornella, perché sei andata a Lourdes?
«A ottobre durante un Rosario su Tv2000 in diretta da Lourdes ho sentito come una chiamata. Come una voce che mi diceva: “Devi venire”. Da lì ho cominciato a chiedere alle mie amiche come avrei potuto fare. E alla fine sono riuscita a partire per il pellegrinaggio. Mi avevano detto che avrei provato delle emozioni forti, ma è riduttivo definirle così: è stato molto di più!».

Cosa ti ha colpito di Lourdes?
«A essere sincera, tutto. Mi ha colpito l’essere stata trattata da essere umano. Tutte le persone con cui sono venuta a contatto avevano una luce particolare che veniva dal cuore: un sorriso, una parola di conforto e gli occhi luccicanti, mentre parlavano della Madonna. Sono stata colpita anche dal bagno nelle piscine, sono riuscita a spogliarmi davanti a degli estranei ed entrare in acqua. In piscina non ho sentito male alle gambe, anzi sollievo. Come se stessi su una nuvola… ho pianto tanto, sia durante tutto il pellegrinaggio che durante il bagno. Perché ero felice: felice di essere lì e felice di avercela fatta. Io sono disabile all’80% e non riesco a camminare, ma grazie a questi angeli custodi sono riuscita a vedere la Madonna».

Che cosa ha chiesto alla Madonna: solo la guarigione o qualcos’altro?
«Non ho chiesto nulla per me, ma per tutte le persone a me care e che soffrono. Le ho messe tutte nelle mani di Maria augurandomi che lei ne abbia cura. Io, che mi piangevo addosso per la mia malattia, ho visto persone che stanno peggio di me con il sorriso sulle labbra. E poi ho messo egoisticamente nelle sue mani i miei familiari e i miei amici».

Ci ritorneresti?
«Certo, ho fatto una promessa. Sono tornata sabato, ma sto facendo una testa grossa come un pallone a tutti: continuo a parlare di Lourdes, c’è chi mi crede e chi mi prende un pochino per pazza, ma pazienza (sorride). Andate e provate personalmente, non si può raccontare quanto sia stupendo stare là. Quando sei davanti a Lei, sembra quasi che ti chiami: è una Mamma che ti vuole dare una carezza di conforto».

Leonardo Ferrazzi, 60 anni, valenzano e docente di Costruzioni aeronautiche all’Istituto Volta di Alessandria, è al suo primo anno di servizio a Lourdes, come barelliere.

Leonardo, perché sei andato a Lourdes?
«Lourdes mi ha sempre incuriosito, perché il resto della mia famiglia c’è sempre andata. Quindi sentivo di non poter perdere questa esperienza. Ero già stato in visita al Santuario per un paio di giorni, ma non avevo mai partecipato a un pellegrinaggio e svolto servizio come barelliere».

Cosa ti ha colpito di più?
«Difficile dirlo, perché in realtà avendo già ascoltato tantissimi racconti sul pellegrinaggio non ho trovato grosse novità. Ma c’è sicuramente qualcosa che ti prende, ti coinvolge molto, anche dal punto di vista emotivo. Vedere pellegrini di tante altre parti del mondo mi ha davvero colpito. C’erano americani, irlandesi, scozzesi e indonesiani: è impressionante vedere questa comunione di gente, tutti a Lourdes per rendere omaggio alla Madonna. Poi mi ha colpito anche il mettersi a disposizione degli altri: un’esperienza che non mi è nuova, venendo da tanti anni di volontariato in ambulanza».

Che cosa hai chiesto alla Madonna?
«Sono partito senza alcuna intenzione particolare».

Un momento che porti a casa da questo pellegrinaggio?
«Ne ho tanti di momenti, e molto intensi. Sicuramente il ricordo della fatica non indifferente, che secondo me è quello che dà maggior senso a questa esperienza».

Ci ritorneresti?
«Spero di ritornarci, calendario scolastico permettendo. Perché non ci sono racconti che rendono l’idea: se non vivi questa esperienza in prima persona non puoi sapere come sia realmente».

Carla Lombardi, 72 anni, impiegata di banca oggi in pensione, è al suo 30° anno di pellegrinaggio a Lourdes. Da alcuni anni a questa parte svolge il servizio in “tisaneria”.

Carla, perché sei andata a Lourdes?
«Lourdes è un po’ il “male dell’Africa”: chi ci va deve ritornare. Bisogna andare, c’è qualcosa che ti chiama. Un richiamo inspiegabile».

Cosa ti ha colpito di più?
«I pellegrinaggi li vivo molto sia come servizio che come preghiera. A me colpiscono sempre i pellegrini ammalati, persone che soffrono davvero. E noi da loro riceviamo molto di più rispetto a quanto diamo: persone che non riescono veramente a muoversi, ma che hanno una serenità infinita che riescono a infondere anche in noi».

Che cos’è la “tisaneria”?
«Premetto che ho ricoperto un po’ tutti i ruoli, all’interno del pellegrinaggio a Lourdes. All’inizio la tisaneria era un servizio solo per gli ammalati, ma adesso lo abbiamo valorizzato ed è un vero e proprio punto di ristoro sia per i pellegrini che per ammalati e personale. Per esempio, i barellieri che non possono andare a mangiare perché impegnati in un turno di servizio, vengono lì e noi diamo loro qualcosa per placare la fame».

Che cosa hai chiesto alla Madonna?
«Ho chiesto un’intenzione, ma è un po’ personale, preferirei non dirla».

Ci ritorneresti?
«A Dio piacendo, sono certa di ritornare. Anche se ogni anno il pellegrinaggio si fa “sentire” di più, non per il servizio ma per gli anni che passano. Devo essere sincera: sono venuta a casa ed ero stanca, ma in questi giorni ho più energie rispetto a quando sono partita. La Madonna non mi ha sottratto nulla delle mie forze, anzi, me ne ha date di più. Quando sono venuta a Lourdes la prima volta, don Giovanni Semino mi disse: “Vedrai che ti troverai in famiglia e vedrai che imparerai molte cose”. In effetti è stato così. Se una persona è scettica nel partire, deve esserci qualcuno che le dà una spinta. Non tutti hanno il coraggio di affrontare questa avventura».

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