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L’Inno alla nostra Regina dell’Empireo

Madonna della Salve

Sabato 17 aprile inizia l’Ottavario della “Salve” nel ricordo di Maria, raffigurata ai piedi della Croce nel simulacro venerato da secoli dalla comunità alessandrina. Molte informazioni su questo tema sono sul sito della Diocesi nella sezione dedicata alla “Clementissima Patrona” (diocesialessandria.it/diocesi/madonna-della-salve), ma uno speciale approfondimento credo meriti proprio l’inno “O Regina dell’Empireo”, analizzato un po’ più nel dettaglio anche dal punto di vista musicale.

La ragione è semplice: questo canto da tanti decenni è veramente uno degli elementi identitari della nostra Chiesa Locale e caratterizza con le sue prime due strofe la conclusione della maggior parte delle liturgie celebrate in Cattedrale. Partiamo dunque da questo aspetto: parlare delle “prime due strofe” significa che in realtà le strofe sono quattro. La terza canta infatti “Qual un dì mite e propizia / ti mostrasti agli avi nostri / tal propizia a noi ti mostri / fra le angustie e il dolor” mentre la quarta conclude con “A te Padre Onnipotente / ed al Figlio Redentor / al divino, eterno Amore / gloria, lode e sommo onor”.

La musica venne composta da monsignor Giuseppe Amato, storico parroco del Duomo (dalle firme nei Registri sappiamo che nel 1940 risultava reggente della Cattedrale divenendo poi parroco della stessa dal 1941 fino al 1965) e la struttura del brano è articolata in strofe e ritornello, con un andamento solenne e con schemi melodici e armonici coerenti agli stili del tempo: siamo nella prima metà del secolo scorso e la “marzialità” era elemento caratterizzante questo tipo di brani, sia nell’ambito civile e militare che religioso e “processionale”.

Due aspetti sono distintivi: il primo è la conclusione sempre in “sospeso” delle strofe (tecnicamente con un accordo di “dominante”) quasi a creare l’attesa dell’avvio del ritornello. Il secondo aspetto riguarda proprio il ritornello (con le parole “Salve, salve, o d’Alessandria Clementissima Patrona / Se peccammo, deh perdona, deh, c’infiamma del tuo amor”). L’inizio del ritornello è in realtà un ulteriore prolungarsi di un moto “interrogativo” che, usando le parole del saluto (“salve”), è una melodia ascendente la cui esecuzione esige una convinta tensione emotiva (con una sorta di “crescendo” già rispetto al “forte” iniziale) che trova il proprio culmine solo sulla sillaba centrale della parola “Clementissima” (Patrona): un culmine che viene ripetuto nell’altro punto del ritornello dove si tocca nuovamente la nota più alta dell’intero brano quando si canta “Deh… c’infiamma del tuo amor”.

Incentivare la consapevolezza di questo inno non credo sia fine a se stesso, né solo un esercizio di stile analitico-musicale. La nostra Diocesi è davvero legata alla propria “Madonna della Salve” e il mantenere viva la proposta di questa lode mariana anche nell’esperienza della gestione “ordinaria” dei canti dei nostri cori parrocchiali è un bellissimo investimento per rafforzare e unire ciò che siamo stati, che siamo e che saremo: la comunità dei fedeli alessandrini che continua fiduciosa ad implorare protezione e “salvezza” dalla nostra “Mamma del Cielo”.

Guido Astori

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