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«Fino all’ultimo presente e lucido, per una Chiesa popolo di Dio»

Agostino Pietrasanta

Un ultimo lungo colloquio con mons. Charrier, nella tarda primavera del 2011, fu particolarmente piacevole, ma significativamente impegnativo. Piacevole perché il vescovo, nonostante le sofferenze ormai note, si dimostrò presente e lucido, impegnativo perché mi confermò il suo costante riferimento a una Chiesa popolo di Dio, in linea con le risultanze più rilevanti del Concilio Vaticano II e del Magistero degli ultimi anni del secolo XX. Ripeteva spesso e lo fece parecchie volte nel corso del colloquio che nella “Lumen gentium”, costituzione dogmatica del Concilio sulla Chiesa, il capitolo sul “Popolo di Dio”, precede quello della “Costituzione gerarchica”; era un suo “ritornello”: i ministeri sono di servizio e non di potere. Contestualmente e conseguentemente la rilevanza dei Laici nella Comunità e nei rapporti col mondo.

L’occasione del colloquio lo portò a insistere sulla natura esigente e secolare della presenza del Laico, una presenza nelle realtà temporali e dunque nella politica. Lo fece con richiamo alla “Gaudium et Spes” al Magistero di Paolo VI e alla “Christifideles laici” di Giovanni Paolo II. Mi richiamò l’esortazione del Concilio, “…il Cristiano che trascura i suoi impegni temporali… mette in pericolo la propria salvezza eterna” (GS. 43). Nello specifico (insistette) i sacerdoti possono sostenere spiritualmente, ma la responsabilità è in carico ai laici.

Tutto ciò non significava per il Vescovo che non ci fossero impegni laicali all’interno della Comunità ecclesiale. Lasciando quel colloquio e venendo alle sue svariate iniziative, proprio per una presenza adeguata nella Comunità, si espresse un’attenzione specifica al Consiglio Pastorale Diocesano, indicato come organo consultivo nel dopo Concilio. Charrier lo convocò con regolarità e assicurò ripetutamente che le indicazioni che ne fossero emerse le avrebbe ritenute determinanti: cosa che fece sulla questione e sui problemi connessi dell’iniziazione cristiana e sui relativi Sacramenti.

Due tappe mi sembrano coerenti a tali premesse e costitutive della presenza del vescovo: una interna alla Chiesa di Alessandria e l’altra al livello nazionale per impulso della Conferenza Episcopale Italiana. La prima, il Sinodo diocesano. Sentì il bisogno di sentire la Comunità e nei lavori sinodali si verificò il tessuto di una società diocesana interessata alla Chiesa, anche se mai impegnata; si riproposero presenze apparentemente estranee e si delineò una linea di entusiasmo e di fiducia soprattutto nella persona del vescovo. Il tutto fu “favorito” (purtroppo!) dal periodo drammatico dei secondi anni novanta successivo a una alluvione che vide il vescovo come uno dei rari, anche se non esclusivo, punti di riferimento per la popolazione colpita. Volle aprire anche le chiese per l’accoglienza: faceva notizia il suo ripetuto adagio, “…la case di Dio aperte al suo Popolo, ai suoi figli”. Qualcuno afferma che da quei semi non si è visto frutto; mi farei aiutare da una citazione di don Primo Mazzolari: impariamo da Dio ad avere pazienza!

La seconda, a livello nazionale, ma che non può essere sottaciuta: l’impegno di mons. Charrier per ridare vita alle “Settimane sociali dei cattolici italiani”. Necessita un breve chiarimento. L’iniziativa, nata per diretto intervento della S. Sede, aveva trattato nel tempo, dal 1907 in poi, di varie materie. Dalle questioni dello Stato secondo l’ordine cristiano a quelle della famiglia, della scuola, del lavoro si erano offerte indicazioni rilevanti ai cattolici d’Italia allargando il quadro di interesse a tutta la nazione: basterebbe citare la settimana dell’ottobre 1945 su “Costituzione e Costituente”.

Sospese nel 1970, furono riprese nei primi anni novanta su indicazione di Giovanni Paolo II, ma non più per iniziativa della S. Sede, ma della Cei. Ne fu dato incarico scientifico e organizzativo al vescovo Charrier, il quale riuscì a raccogliere il meglio dell’intellettualità italiana, e non solo, per affrontare il tema dell’Europa (1991, a Roma). Poi le “settimane” si susseguirono con buona regolarità; a fine ottobre si terrà la quarantanovesima a Taranto. Il protagonismo della Chiesa locale offrì un esempio che mi sembra di dover richiamare. Concluderei citando una raccomandazione ripetuta del compianto vescovo: non ripiegarsi sulle difficoltà, guardare al futuro nella certezza che, in ogni caso, lo Spirito assiste e assicura la sua Chiesa.

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