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Ucraina-Russia: una storia “lunga”…

Dal Rus’ di Kiev alle tensioni dei giorni nostri

IX secolo d.C.

IX secolo d.C.

I legami tra Russia e Ucraina affondano le loro radici nel IX secolo, durante il quale nacque il Rus’ di Kiev, che andava dal Mar Nero al Baltico. Nel X secolo arrivò il cristianesimo, poi il Rus’ durò fino al XIII secolo. Cadde sotto le scorrerie dei Tartaro-Mongoli. Dopo questi vennero i polacchi e sul finire del XVIII secolo l’Ucraina venne sparita tra Impero Austriaco e Russo. Nel 1917, con la Rivoluzione d’ottobre, dilagò la guerra civile che si concluse con la creazione della Repubblica popolare ucraina e la successiva annessione all’Urss. Fino alla sua caduta.

Agosto 1991

Agosto 1991

Il 24 agosto 1991 il Parlamento ucraino adotta l’Atto d’indipendenza dell’Ucraina con il quale il Parlamento dichiara l’Ucraina uno Stato indipendente e democratico. Un referendum e la prima elezione presidenziale hanno luogo il 1º dicembre 1991. Quel giorno, più del 90% dell’elettorato esprime il proprio consenso all’Atto d’Indipendenza, e viene eletto come presidente del Parlamento Leonid Kravčuk, per servire come primo Presidente del Paese. Con un meeting a Brest, in Bielorussia l’8 dicembre, seguito dall’incontro di Alma Ata del 21 dicembre, i leader di Bielorussia, Russia e Ucraina dichiarano dissolta formalmente l’Unione Sovietica, e formano la Comunità degli Stati Indipendenti (Csi).

2013-2014

2013-2014

Per raccontare l’attuale crisi tra Ucraina e Russia, bisogna tornare a novembre 2013, quando, il presidente ucraino filorusso Viktor Janukovych decide di non firmare un accordo di libero scambio e di associazione politica con l’Unione Europea, scegliendo invece di rafforzare i legami con il Cremlino. Scoppiano le proteste, in particolare nel centro di Kiev, in piazza Maidan. Gli scontri durano tre mesi e dilagano in tutto il Paese, raggiungendo l’apice nel febbraio 2014, quando decine di manifestanti vengono uccisi dalle forze speciali.

Da lì, migliaia di soldati russi, senza alcun tipo di identificazione, si riversano in Crimea (penisola autonoma dell’Ucraina, in maggioranza popolata da russi), dove il governo locale dichiara la volontà di separarsi da Kiev. Viene indetto un referendum sull’adesione alla Federazione Russa: è un plebiscito a favore del ritorno della Crimea sotto l’ala di Mosca, ma la consultazione viene ritenuta illegittima dall’Ucraina, dall’Ue e dagli Stati Uniti.

Nella primavera del 2014 gli eventi precipitano anche nell’Ucraina Orientale: i separatisti filorussi prendono il controllo delle aree di Donetsk e Lugansk, nella regione del Donbass, dichiarandole indipendenti da Kiev. Seguono mesi di pesanti combattimenti che causano diverse migliaia di morti. Gli scontri cessano in settembre, con l’accordo di pace firmato a Minsk da Russia e Ucraina: il trattato prevede il cessate il fuoco e il ritiro delle armi pesanti da entrambe le parti, un dialogo su una maggiore autonomia delle repubbliche nel Donbass, grazia e amnistia per i prigionieri di guerra, lo scambio degli ostaggi militari. Nonostante questo, i conflitti, definiti a “bassa intensità“, continuano. Causando migliaia e migliaia di morti, fino a oggi.

Novembre 2021

Novembre 2021

Dal novembre 2021, la Russia ammassa migliaia di mezzi militari e circa centomila soldati armati al confine con l’Ucraina. Nelle dichiarazioni dei funzionari russi, la decisione è legata alla necessità di difendersi da una presunta minaccia militare ucraina e dalle esercitazioni militari nel Mar Nero della Nato (l’alleanza militare difensiva che unisce gli Stati Uniti, il Canada, 27 paesi europei e la Turchia). In questo clima di tensione, in cerca di protezione da possibili conflitti, Kiev chiede il sostegno all’Europa e agli Stati Uniti, domandando anche di poter entrare nella Nato.

21 febbraio 2022

21 febbraio 2022

Il presidente russo Vladimir Putin, con il discorso in tv di lunedì 21 febbraio, dichiara di riconoscere l’indipendenza delle repubbliche separatiste ucraine, Lugansk e Donetsk, ordinando poi al ministero della Difesa di dispiegare forze armate «per assicurare la pace».

24 febbraio

24 febbraio

La notte tra il 23 e il 24 febbraio la Russia invade l’Ucraina. La motivazione ufficiale è la «protezione» degli ucraini filo russi nelle due repubbliche separatiste nel Donbass e la smilitarizzazione del Paese.

Le bombe iniziano a colpire in tutto il territorio ucraino. Truppe di terra entrano anche dal confine Nord (Bielorussia) e Sud (Crimea), con attacchi nei porti strategici di Mariupol e Odessa. Anche la capitale Kiev è sotto attacco, e gli invasori assumono anche il controllo dell’ex impianto nucleare di Chernobyl. Le vittime sono diverse, tra soldati e civili, anche se i numeri non vengono confermati. Intanto, parte l’esodo degli ucraini verso altre città e Paesi limitrofi. Sia in Russia sia nel resto del mondo, iniziano le prime proteste e manifestazioni contro la guerra.

28 febbraio

28 febbraio

A Gomel (Bielorussia), poco dopo le 17 italiane di lunedì 28 febbraio, terminano i colloqui tra Kiev e Mosca svolti. La delegazione ucraina è composta da Mykola Tochytskyi, viceministro degli Esteri; Mikhailo Podoliak, consigliere del presidente; Rustem Umerov, uno dei tre deputati eletti a Kiev; Andryi Kostin, vice capo del gruppo di contatto trilaterale per un cessate il fuoco nel Donbass, e David Arakhamia, segretario del partito di Zelensky. Per la delegazione russa, erano invece presenti Vladimir Medinsky, consigliere di Putin; i viceministri della Difesa e degli Esteri, Alexander Fomin e Andrei Rudenko; l’ambasciatore russo in Bielorussia, Boris Gryzlov, e il capo della Commissione Esteri della Duma, Leonid Slutsky.

«Abbiamo trovato alcuni punti su cui è possibile trovare un terreno comune» dice il negoziatore russo Medinsky, citato da Interfax. La delegazione di Kiev chiede l’immediato cessate il fuoco e il ritiro delle truppe russe dall’Ucraina. Mentre il presidente russo Putin, in una telefonata con il presidente francese Emmanuel Macron, chiede che la Crimea venga riconosciuta come territorio russo e che l’Ucraina venga «smilitarizzata» e assuma «uno status neutrale». Zelensky, terminati in colloqui, risponde firmando la domanda di adesione all’Unione Europea.

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