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I cattolici e gli asili statali

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Don Giuseppe Di Luca (nella foto), parroco di San Pio V e Cuore Immacolato ad Alessandria, ha scritto una dozzina di libri. L’ultimo, uscito a gennaio di quest’anno, è intitolato “Influenza dei cattolici nella istituzione degli asili statali in Italia“, edita da @racne. Gli abbiamo chiesto di spiegarci di che cosa si tratta.

Don Giuseppe, da dove nasce questo nuovo libro?

«Nasce da una relazione per l’esame di Politiche sociali per l’infanzia, nell’ambito del corso magistrale di Servizio sociale e politiche sociali, qui ad Alessandria».

Una relazione che è diventata un libro.

«La docente dell’esame aveva manifestato il suo apprezzamento per il lavoro, offrendosi di aiutarmi per la pubblicazione. Inizialmente la relazione era destinata a una rivista di settore. Ma poi “ci ho preso gusto”, l’ho ampliata ed è diventata un saggio».

Da dove nascono i tuoi interessi per questi argomenti?

«Mi piace la dimensione culturale dell’esperienza cattolica, che nell’ambito universitario non è molto esplorata. Ma nel contesto italiano questi studi non possono mancare. A partire dalla “influenza” dei cattolici…».

E veniamo al tuo saggio.

«Dobbiamo partire da metà ‘800, cioè da don Ferrante Aporti, un sacerdote che all’epoca iniziò a porsi il problema di quell’educazione che oggi chiameremmo “prescolastica”. Nell’Italia dell’epoca si sta modificando l’assetto economico, le persone si spostano in città e la famiglia cambia: da una famiglia allargata, in cui gli anziani si occupavano dei più piccoli, alla famiglia “nucleare” composta da papà, mamma e figli. Si crea così lo scontro tra “funzione produttiva” e “funzione riproduttiva”: la donna non può più permettersi di badare ai figli perché lavora. Di conseguenza, i figli dove vanno? Ecco, da qui nascono le prime soluzioni all’interno del mondo cattolico. Che inizialmente, però, non vede di buon occhio le iniziative di Aporti, che nel frattempo aveva aperto tre asili».

Poi però il mondo cattolico ha cambiato orientamento.

«Per molto tempo, almeno fino al primo dopoguerra, il 95% della gestione dell’infanzia era nelle mani delle religiose. La parte cattolica ha sempre difeso questa posizione: per un motivo ideale e pedagogico, e per una questione economica. Una posizione contraria alla statalizzazione degli asili».

Quando cambiano le cose?

«Cambiano negli Anni 60, quando la contrapposizione diventa fortemente ideologica, fino ad arrivare alle leggi che istituiscono asili nido e scuole materne statali. Pur in un’epoca di “monocolore democristiano”…».

Il tuo saggio ripercorre il periodo storico dall’Ottocento fino agli Anni duemila. Sull’oggi, tu che giudizio dai?

«C’è stata la presa di coscienza che lo Stato deve prendersi a cuore anche l’educazione dei più piccoli. E infatti lo Stato italiano ha promulgato due leggi, una nel 1968 (“Ordinamento della scuola materna statale”) e l’altra nel 1971 (“Asili nido comunali”), pur senza rendere obbligatoria la frequenza. Da un punto di vista cattolico, c’è il problema che negli asili delle suore non ci sono più le suore… e dunque occorre formare a una testimonianza educativa cristiana gli educatori laici che lavorano in strutture religiose».

Andrea Antonuccio

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