Home / Chiesa / A Lourdes gambe e braccia non mi fanno più male

A Lourdes gambe e braccia non mi fanno più male

La testimonianza di Vittoria Laurenzano, pellegrina ammalata, ai ragazzi della Green car

Come abbiamo già raccontato sugli scorsi numeri di Voce, dal 28 giugno al 2 luglio 150 alessandrini, valenzani, pecettesi (e non solo) hanno vissuto l’esperienza del pellegrinaggio diocesano a Lourdes, insieme con l’Oftal. Con l’Opera federativa trasporto ammalati a Lourdes c’erano anche quattro ragazzi dagli 11 ai 14 anni: sono i giovani della “Green car“, una proposta a misura loro, perché possano vivere questa esperienza al meglio. Nel programma, oltre a vivere i momenti forti del pellegrinaggio e i primi contatti con il servizio alle persone ammalate, insieme a loro abbiamo incontrato anche alcuni testimoni dell’esperienza di Lourdes, che ci hanno raccontato la loro storia. Tra questi, Vittoria Laurenzano, pellegrina ammalata che da molti anni torna alla Grotta di Massabielle: pensate che non ha saltato nemmeno i pellegrinaggi di questi anni di pandemia! L’incontro con lei, avvenuto durante il pellegrinaggio diocesano, è stato così di impatto per i ragazzi e per chi era con loro, che vogliamo condividerlo anche con voi. Qui sotto trovate le domande e le curiosità a cui Vittoria non si è sottratta, rispondendo con grande entusiasmo. Di questo le siamo veramente grati.

Vittoria, ci vuoi spiegare perché vieni a Lourdes?

«Ogni anno vengo a Lourdes perché gli amici che trovo qui in pellegrinaggio mi danno la carica per aiutarmi ad affrontare il resto dell’anno. Stare con loro mi dà forza e ho la sensazione che passi anche il male che provo alle gambe e alle braccia, dovuto alla spasticità. Ho sempre la speranza di poter vedere un po’ di più e un po’ meglio. Ora ci vedo poco perché che sono stata operata agli occhi; prima non vedevo nulla!».

Vieni a Lourdes da tanti anni: chi ti ha invitato la prima volta al pellegrinaggio diocesano?

«Sono stata a Lourdes per la prima volta quando avevo 4 anni, insieme con la mia mamma. Poi non sono più tornata per molto tempo, ma un giorno, Armando Bocchio (ex presidente dell’Oftal alessandrina, ndr), mi ha detto: “Vuoi venire a Lourdes con noi?”. Io non sapevo bene di cosa si trattasse, ma mi incuriosiva e ho detto: “Sì, sono curiosa e vengo”. Poi andando avanti con gli anni di pellegrinaggio, Andrea Serra (attuale presidente dell’Oftal, ndr) mi dice: “Vittoria, ti senti di fare servizio?”. E io ho risposto: “Certo, anche se sono in carrozzina voglio darvi una mano”. Così, da quasi quattro anni faccio servizio, e mi trovo molto bene. All’inizio aiutavo i ragazzi della Green car, perché ero più giovane. Adesso sono invecchiata, e aiuto quelli più grandi (sorride)».

E dicci, che cosa si prova dopo che si è stati a Lourdes?

«Le persone che incontro a Lourdes mi danno la forza per andare avanti, perché vi dico una cosa… quando si ha una disabilità e si è su una carrozzina, quando qualcuno, anche una volta ogni tanto, una volta al mese, si ricorda, ti nomina o ti pensa, tu non senti più i mali che ti affliggono. Quando hai tanti dolori alle gambe e alle braccia, non li senti più, è come se sparissero. Sì, ogni tanto devi prendere le pastiglie, perché hai delle cure da seguire, però poi il resto passa. Hai tanti amici che ti aiutano a combattere meglio, a essere forte. Perché sai che ti pensano, lo senti: e questo aiuta. Basta anche solo un pensiero, un minuto. Ma è una cosa davvero importante».

Davanti a te hai i ragazzi della Green car: ci sono Alessandra, Sara, Nora e Lorenzo. Per loro è il primo anno di pellegrinaggio a Lourdes: che consiglio ti senti di dare per vivere al meglio questi giorni, ma anche il rientro a casa?

«Se potete, imparate le parole e i consigli che vi danno i vostri responsabili della Green car e le persone più adulte. E poi metteteli in pratica, soprattutto nelle vostre comunità, perché magari lì manca questo spirito. Se c’è qualcuno che ha bisogno di una parola buona, siate voi a dargliela. Quando nella vita arrivano certi “temporali” sulla testa, in cui ti trovi e che non ti aspetti, serve sempre qualcuno che si ricordi di te e ti aiuti nel momento del bisogno. Non lasciatele mai sole, queste persone. E se avete i genitori, andate a casa, e abbracciateli. Sapete… quando avevo la mamma, le stavo sempre vicino, ma non sempre ce l’ho fatta a darle ciò che voleva. Purtroppo è morta di tumore, e sono sicura che adesso è in Paradiso. Ora spero di aiutare mia sorella e, quando sarò più anziana, di trovare anche io la strada per il Paradiso. Spero di esservi stata di aiuto, e anche durante l’inverno, quando vi vorrete ricordare di qualcuno, se vi ricordate anche di me, mi farà davvero piacere (sorride)».

Giorgio Ferrazzi

Leggi anche:

Check Also

Famiglia come vocazione e missione

Giornata di formazione regionale per la pastorale familiare A San Michele l’incontro con il direttore …

%d