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«Maledetto l’uomo». L’imprecazione nel ministero profetico di Geremia

“La recensione” di Fabrizio Casazza

Siamo abituati in chiesa a ricevere benedizioni; sembra perciò strano riflettere sulla maledizione. Ma essa «è anche lo strumento con il quale la divinità si pone a difesa di un ordine cosmico creato da essa stessa e che si impegna a mantenere» (p. 14). Così spiega monsignor Enrico Scaccia, vicario generale della diocesi di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, che nel 2017 difese la tesi di dottorato in teologia biblica presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, ora presentata in «Maledetto l’uomo».

L’imprecazione nel ministero profetico di Geremia (Edb, pp 285, euro 29). In un certo senso la maledizione può avere una duplice origine e un duplice scopo. «Quando l’uomo sente che la propria vita è messa in pericolo, la maledizione è l’invocazione al Signore onnipotente perché si ponga a difesa del popolo amato. Quando, invece, Dio sente che l’alleanza col popolo rischia di infrangersi, la maledizione è la contromisura divina affinché questo non accada» (p. 17). In sostanza la «maledizione non è una condanna a morte ma uno stimolo alla conversione» (p. 31).

Attraverso una precisa disamina dei testi il libro spiega che la maledizione quindi «è il “deterrente divino” affinché la creazione sia protetta e non si deturpi, affinché l’uomo non si auto-distrugga e non si perda ma ritorni al suo Creatore» (p. 218). La maledizione è perciò paradossalmente a tutela dell’alleanza tra Dio e il suo popolo.

Le parole finali del volume ben sintetizzano il percorso compiuto: «“Maledetto l’uomo” non è una condanna a morte, ma la dichiarazione d’amore di Dio che non può stare e non può vivere senza quella stessa umanità che, solo apparentemente, sembra condannare» (p. 250).

 

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