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Ceta: minaccia per la qualità?

Nell’articolo di Avvenire di mercoledì ho parlato dell’accordo Ceta, ovvero il libero scambio delle merci agricole siglate fra l’Unione Europea e il Canada, una soluzione di compromesso che ha diviso i pareri. Da una parte vengono tutelate 150 denominazioni protette (di cui 41 italiane, che sono il 92% delle nostre esportazioni in Canada), dall’altra Coldiretti mette in evidenza che marchi già registrati in Canada, come il Parmesan, potranno esistere, sdoganando di fatto ciò che è stato denunciato come “italian sounding”.  Coldiretti inoltre mette in evidenza la mancata reciprocità, soprattutto in termini di sicurezza alimentare, visto che in Canada sono ammessi almeno 100 prodotti chimici e fitosanitari che in Italia e in Europa sono stati banditi da 30 anni, perché considerati pericolosi per la salute. Il dibattito è aperto e all’interno del Pd, così come in tutto il mondo agricolo, c’è divisione. Resta poi aperto il problema delle denominazioni più piccole che non sono state contemplate nella tutela. Eppure le denominazioni sono tutte uguali, piccole e grandi, quindi si dovrebbe tutelare l’intero sistema, non solo una parte. A ben guardare questo trattato epocale, più che dare un ordine, pare un pasticcio che porta confusione e che vede trionfare il detto “mors tua vita mea”.

 

Paolo Massobrio

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