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Una fede condivisa con i fratelli

Sabato 11 novembre alle ore 21, nell’ambito delle celebrazioni per la Festa della Chiesa locale, fra’ Daniele Noè sarà ordinato diacono in Cattedrale, per imposizione delle mani del Vescovo di Alessandria monsignor Guido Gallese.
Fra’ Daniele, ci parli un po’ di te?
«Ho 44 anni e arrivo da Arona, sul Lago Maggiore, in provincia di Novara. Ho frequentato la parrocchia fino all’età di 17 anni, poi a 19 ho fatto il servizio militare. Fino a 23 anni ho lavorato con mio padre nella sua impresa edile, dopo aver frequentato per poco tempo l’istituto agrario. E infine ho deciso di entrare in una comunità francescana, sempre ad Arona».
Perché l’hai fatto?
«Ho sentito nel cuore una chiamata particolare, per una vita consacrata al Signore».
Come si è manifestata questa chiamata?
Nella preghiera, innanzitutto. Poi sono stato seguito dai fratelli della comunità nella vita cappuccina. Ho iniziato un cammino di formazione che è durato fino al 2006, anno in cui ho espresso i voti perpetui nella famiglia cappuccina».
E poi?
«Nel 2009 io, padre Lorenzo Tarletti e padre Giorgio Noè, mio fratello, siamo usciti dall’ambito cappuccino per proseguire un’esperienza francescana di vita religiosa, segnata da una forte collaborazione con i laici».
A quel punto che cosa vi è successo?
«Cercavamo un vescovo che accogliesse la nostra esperienza, e… l’abbiamo trovato! Nel 2016 abbiamo conosciuto in modo provvidenziale monsignor Gallese, che una persona al di fuori dell’ambito ecclesiastico ci aveva fatto conoscere. E da cosa è nata cosa… Il vescovo si è reso disponibile ad accoglierci, per darci modo di sperimentare il carisma che  vogliamo vivere. Dunque
ho terminato il sesto anno teologico nel seminario di Valmadonna per poter accedere all’ordinazione».
Come fa un consacrato a coinvolgersi davvero con i laici?

A volte si avverte una certa diffidenza… «Serve la disponibilità della vita e del cuore nel mettersi in gioco e a disposizione dell’opera di Dio. Dipende anche dalle persone che si incontrano. Alcune sono più chiuse, altre molto più aperte».
A proposito: come definiresti la “mentalità alessandrina”?
«Noi siamo stati accolti benissimo da tutti: dal vescovo, dal clero diocesano e anche dalle persone di Spinetta, Castelceriolo e Litta Parodi, dove operiamo».
Come ti sono sembrati i laici che hai incontrato?

«Ho visto una grande disponibilità nel mettersi in gioco. Ho trovato una vita di fede vissuta nel modello classico parrocchiale, un po’ diversa da quella che si vive nei conventi. In parrocchia
stiamo cercando di riattivare il contatto con i giovani, che era venuto meno per varie situazioni, e il servizio di catechesi per gli adulti».
Quali sono stati i tuoi maestri?
«I miei genitori, innanzitutto. E poi mio fratello Giorgio e i confratelli cappuccini».
Hai mai avuto ripensamenti?
«Sì, diverse volte. Ma è prevalsa la volontà di Dio, che ho sempre cercato di accogliere».
Che cosa pensavi, nei momenti di difficoltà?
«Pensavo di avere sbagliato scelta. E invece mi sono reso conto che nel fare la volontà di Dio c’è la nostra gioia. Sono contento di essere rimasto saldo in questa scelta.
Anche perché so bene che le tentazioni non mancheranno mai, nella vita».
Quale consiglio daresti a chi ha dei dubbi sulla propria vocazione?
«Gli direi di non lasciare morire la speranza che c’è in lui, e di continuare a ricercare quello che il Signore vuole, affidandosi anche a persone che lo possono guidare. Oltre che, ovviamente,
alla preghiera».
Come si può risvegliare il fascino del cristianesimo, nel mondo di oggi?
«Quello che vorremmo fare noi è condividere in modo esperienziale la fede, vissuta non in una chiesa “istituzionale”, ma in una chiesa familiare, che vive le cose di tutti giorni in modo comunitario. Una fede quotidiana, condivisa con i fratelli. Questo è il senso del nostro carisma».
Di che cosa sei grato, alla vigilia della tua ordinazione diaconale?
«Sono grato al Padreterno di avermi chiamato alla vita, a questa vita di consacrazione, e di avermi fatto sperimentare il suo amore. In questi giorni pensavo a una cosa importante che ci aveva detto il vescovo: “Siate abbastanza scarsi e nulli da permettere che il Signore operi attraverso di voi”. Voglio essere scarso per dare la possibilità al Signore di agire. Io non mi ritengo all’altezza, ma confido nella Grazia di Dio».

 

Andrea Antonuccio 

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