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Meris Corghi, figlia del partigiano che ha ucciso Rolando Rivi

«Era mio padre. Io sono Meris, Meris Corghi. E sono onorata di essere qui. Durante un percorso che mi ha trasformato profondamente nell’animo ho sentito che c’era qualcosa che dovevo fare, ma non sapevo cosa. Non sapevo praticamente nulla di questa vicenda, perché io non ero nata all’epoca, e dopo ero troppo piccola per capire i discorsi. Ma piano piano hanno incominciato ad affiorare dei castelli. Ho cominciato a pormi delle domande e ho iniziato il cammino che mi ha portato fino a qui oggi. Non ho quasi idea di come sia successo, so soltanto che è stato come essere guidata. Sì, sono stata guidata. Forse dalla presenza di mio padre nel cercare la risoluzione per poter ritrovare la pace, forse dalla luce divina che ognuno di noi porta nel cuore, forse dallo stesso beato Rolando, che desidera più di ogni altro, in questo momento storico così decisivo per il mondo, l’unione e la pace. Ho detto: «Io sono solo una figlia» e la risposta che ho trovato nel cuore è stata: «Siamo tutti figli, figli dello stesso padre e fratelli, ognuno con i suoi personali fardelli». Vi chiedo con immensa umiltà di permettermi di pronunciare queste parole che mi sono state dettate dal cuore. Sono una figlia anche io come tutti. Ho sempre pensato a mio padre come ogni figlia dovrebbe pensare a un padre: una forza, un pilastro, un punto di riferimento. Da lui ho saputo sempre molto dell’amore e molto poco della guerra. Lui era mio padre, il mio esempio. Ad esempio, mi faceva ballare. Mi faceva girare sulle punte proprio come una ballerina. Era tutto. È impegnativo per me essere qui ora. Quello che ha stravolto la vita di mio padre e ha travolto la vita di Rolando è l’odio che cresce tra gli uomini e si trasforma nella guerra. Una notte di Natale la guerra si fermò e tutti furono solo uomini. Mentre nelle trincee salivano i canti di Natale, una tregua per gli uomini e uno smacco al grande separatore. Una pietra miliare di pace come quella che stiamo creando oggi. Guardarsi nei cuori: le scelte che ogni giorno facciamo possono portare la vita e la pace, o l’odio e la guerra. Siamo tutti responsabili della pace di domani a partire da ora, da ogni singolo istante. «Prenderai per mano tuo fratello, lo sosterrai, lo aiuterai a volare, o lo invidierai, lo giudicherai e lo abbatterai nella polvere? Nessuno tocchi Caino». Quel Caino che Cristo stesso sulla croce ha salvato. Siamo tutti fratelli e nella guerra tutti perdiamo. Avete perso Rolando e si è perduto mio padre. Ma Cristo ha salvato tutti gli uomini. Prima di spirare sulla croce usò il suo ultimo fiato solo per perdonare i suoi carnefici. «Padre perdona loro poiché non sanno». Io credo che nessuno di quei soldati che hanno combattuto o di quelli che combattono oggi sappiano realmente cosa stanno facendo e perché: le ragioni economiche, il potere, la voglia che il grande separatore ha di distruggere. E come ride sul mondo, ogni volta che gli permettiamo di farlo. Lui, il burattinaio, e i potenti burattini nelle sue mani. In cambio di vanagloria questo potere uccide la vita degli altri, la calpesta e la travia. Usando gli ideali degli uomini li mette l’uno contro l’altro. E non si comprende più che l’ideale supremo è la vita. Adopera questa fiamma del cuore per i propri loschi fini, alimenta l’odio soffiando con la sua bocca vorace. Il risultato: se non ci fermiamo adesso, sarà un’esplosione, un’immensa esplosione. Quello che sono venuta a dire qui oggi è che l’unico movimento che può invertire questo processo è l’unione. Se gli uomini si uniscono nel cuore diventano forti. Diventano una grande anima. Diventano davvero la manifestazione del Creatore. E come la luce si è propagata in un solo punto nel cuore di Dio in tutto l’universo, ognuno dei nostri sacri cuori può diffondere questa luce sulla terra. La fiamma può essere accesa con un’emozione profonda. Un’emozione che si prova solo quando ci si arrende alla Grazia. Arrendiamoci a Dio nel perdono, diventiamo fiamme di luce, diventiamo esempi della Grazia. Gesù è la strada e noi siamo la sua pace. Sono qui oggi per restituire le responsabilità. Io qui, oggi figlia, non sono venuta tanto a chiedere perdono per mio padre. Ma a chiedere perdono per l’odio che scatena la guerra. Vinciamo noi con la pace, perdoniamoci oggi. Facciamolo qui, diamo un segnale forte della nostra volontà di distruzione. È ora, è ora per la vita di riconciliarsi con la vita. Vi prego, partiamo da qui per fare un mondo nuovo. Le responsabilità ultime dell’odio non sono degli uomini ma dei creatori di queste guerre. Di tutte le guerre che ci usano e ci rendono tutti perdenti. Ma noi abbiamo l’arma più potente di tutti, noi abbiamo il cuore. Noi possediamo il dovere dell’amore e siamo tanti. Noi siamo tanti. Il loro odio non sopravviverà al nostro amore. Ognuno di noi nelle atrocità dei conflitti ha perso qualcuno: un fratello, un padre, un cugino, una madre, un figlia, un nonno, un bisnonno. Nessuno è stato risparmiato. Ma noi qui oggi possiamo diventare una valanga di cuori. Una valanga di amore. Che questa stretta di mano diventi simbolo della vittoria dell’amore di Dio. Un’esplosione di luce che parte da qui e si propaga in tutto l’universo. L’unica vera esplosione, e mi permetto di parlare a nome di tutti, l’unica che vogliamo vedere in voi sia quella della gioia nei sorrisi dei nostri figli. Facciamo che diventino creatori di pace, come è diventato il beato Rolando in questa vicenda. E come cerco di esserlo io in questo momento nella memoria di mio padre. Che nessun ordine dato dai signori della guerra possa più abbattere i nostri figli. E non ci saranno più figli perduti né padri con la colpa di essere rimasti vivi. Siamo purtroppo tutti figli della guerra. Combattere significa cercare di restare vivi. Questa stretta di mano tra le nostre due famiglie sia il simbolo della giusta espiazione per ogni fratello, per ogni padre, per ogni nonno, per ogni bisnonno che ognuno ha nella propria famiglia, tornato vivo dalla guerra. Che questa stretta di mano possa essere la mano tesa di Gesù sulla genealogia di tutte le nostre famiglie, annullando i conflitti. Che ognuno di noi oggi possa andare a casa libero. Ognuno ha un compito nella vita, una missione. La mia era fare trovare la pace a mio padre e tentare di riconciliare i nostri cuori. Con l’aiuto di Dio oggi si compirà dentro una stretta di mano. Trasformati nella morte e riuniti dall’amore e dal perdono del Padre, che il sorriso di Rolando possa risplendere su tutti voi. E accanto a lui anche quello di mio padre. Ciò che l’odio del separatore ha diviso possa riunirsi nell’amore della Sacra Croce di Gesù e nel nome del Padre. Vi imploro a nome di tutte le vittime di tutte le guerre. Pace, pace, pace. Ringrazio profondamente i familiari del beato Rolando che hanno accolto questa proposta di riconciliazione, aprendo il loro cuore in questo giorno speciale. E ringrazio tutti, ma proprio tutti voi che siete qui. Una stretta di mano a volte non basta, altre volte è l’esplosione di amore che può trasformare il mondo. Questa è una di quelle volte. Prego Rosanna Rivi, sorella del beato Rolando, prego Maria, la moglie di Guido Rivi, fratello del beato Rolando, di avvicinarsi. E prego voi tutti qui presenti di unirvi a noi in questa stretta di mano».

Fonte: gazzetta di Reggio

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