Caritas e Scout
Alessandra, da dove parte questa collaborazione con la Caritas diocesana?
«Diciamo che una collaborazione saltuaria con la Caritas c’è sempre stata. Negli ultimi anni abbiamo proposto ai ragazzi tra i 16 e i 20 anni diverse attività di servizio soprattutto con la Mensa. Gli anni di pandemia sono stati difficili per tutti, le attività sono state riviste quasi del tutto. Poi questa estate ci siamo messi subito a disposizione per l’apertura del Guardaroba, con ragazzi del clan che si sono prestati per un paio di settimane. Poi a fine agosto è sorta un’altra esigenza: la mensa dei frati cappuccini è rimasta chiusa per diverse settimane, allora la Caritas ha deciso di fare anche un’apertura straordinaria alla sera e ci ha proposto di svolgere questo servizio. Abbiamo accolto felicemente la richiesta. Abbiamo sin da subito voluto coinvolgere tutti i clan della Diocesi: quindi oltre al clan del nostro gruppo, c’erano Alessandria 2 e 3, che dall’anno scorso portano un percorso gemellato, e anche Valenza 1 e Valenza 2-Madonnina. È stato bello rispondere a un’esigenza del territorio, e mettersi al servizio, insieme, concretamente».
Quanto è durato questo servizio e come eravate organizzati?
«Siamo partiti il 30 agosto, ed è durato per quattro settimane. La Mensa era aperta dal lunedì al sabato, nel pomeriggio dalle 17 alle 19 circa. A rotazione, dei cinque clan, erano presenti uno o due capi di riferimento e dai quattro ai sei ragazzi. All’interno della stessa giornata abbiamo cercato di mescolare i Rover e Scolte (così si chiamano i giovani scout tra i 16 e i 20 anni, ndr), così da avere un’opportunità sia di servizio sia di interazione tra di loro. In totale hanno partecipato una decina di capi e una sessantina di ragazzi. Inoltre, eravamo sempre affiancati da un operatore della Caritas, dai volontari o dal direttore Giampaolo Mortara, per una maggiore supervisione e per gestire alcune richieste straordinarie. In quelle stesse settimane, ci ha aiutato anche un ragazzo impegnato con il Pcto, quello che una volta si chiamava alternanza scuola-lavoro».
Di che cosa vi occupavate?
«Tre volte a settimana ci occupavamo della preparazione dei panini. Mentre per gli altri giorni veniva cucinato un piatto caldo o freddo, preparato dai cuochi della Mensa, e noi avevamo il compito di porzionare e confezionare i sacchetti. Questo perché la Mensa, causa pandemia, prevedeva soltanto il servizio d’asporto. Al giorno, in media, servivamo un pasto a una cinquantina di persone. Nonostante questo, in alcuni momenti, i ragazzi riuscivano a parlare con alcuni ospiti. Proprio loro che, a forza di vederci quotidianamente, erano incuriositi da questo nostro servizio e, ormai, abituati all’idea di averci lì».
I ragazzi come hanno vissuto questa esperienza?
«Molto bene, la cosa positiva è che ci siamo messi in gioco in prima persona, cosa che con la pandemia non accadeva da un po’. Un servizio interamente gestito dai ragazzi, un’occasione di confronto, collaborazione e lavoro insieme. Valori aggiunti che ci hanno fatto toccare con mano questa fetta importante della popolazione che necessita di supporto quotidiano. A volte si pensa gli utenti della Caritas siano principalmente persone senza fissa dimora, invece abbiamo trovato ogni giorno un gruppo vastissimo ed eterogeneo: dalla signora anziana al lavoratore più giovane, tutti di diversa nazionalità, storia ed età. Ci sono stati anche dei momenti di difficoltà, in cui magari non bastavano i pasti preparati, ma insieme ai coordinatori della Caritas siamo sempre riusciti a garantire un pasto completo per tutti gli ospiti».
Sono già in cantiere progetti futuri con la Caritas?
«Tutti i gruppi scout hanno inaugurato le attività del nuovo anno proprio in questo periodo. Nell’immediato non abbiamo servizi attivi, ma ci stiamo organizzando per una verifica anche con il progetto Policoro, per vedere cosa il futuro ci potrà riservare. Un’esperienza, nata in modo spontaneo, che potrebbe trasformarsi in qualcosa di più. Il desiderio dei ragazzi di fare servizio e sporcarsi le mani c’è. Ma questa è anche un’esperienza che segna l’inizio di una sempre più forte condivisione tra i gruppi scout della Diocesi. Questi giovani sono una risorsa, e questo è stato un bellissimo seme di ripresa per collaborare e fare attività».
Alessandro Venticinque
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