“Alessandria racconta” di Mauro Remotti
Ancora negli ultimi decenni dell’Ottocento, esisteva ad Alessandria il cantone dell’Arzola, compreso tra via Mazzini, spalto Marengo, via Venezia e via Santa Caterina da Siena. Era uno dei più antichi quartieri cittadini, costituito da povere abitazioni contadine e operaie, oltre a filande e manifatture. Originariamente veniva chiamato “Rezolia” dal nome dell’antica porta medievale situata in fondo a via Mazzini, poi ribattezzata porta Ravanale in onore del governatore spagnolo Fernando Garcia Ravanal, il quale l’aveva fatta ristrutturare nel 1658.
Caratterizzava l’area il convento delle SS. Anna e Teresa, risalente al XVII secolo, fatto costruire dai Carmelitani scalzi che erano arrivati ad Alessandria con il benestare di Papa Clemente IX. In seguito, fu gestito dai Cappuccini sino alla sua chiusura e successiva demolizione nel 1951. Dietro al rione, all’altezza dell’odierna via Bologna, correva una piccola via denominata di “Arzola”, che separava le case dal bastione di spalto Marengo. Una radicale trasformazione della zona avvenne nel 1881, quando l’Ospedale dei Pazzerelli cedette la sua sede di via Ghilini al Ricovero di Mendicità per trasferirsi nel convento dei Cappuccini. Di lì a poco, il popolare quartiere dell’Arzola, ritenuto ormai fatiscente e malsano, venne raso al suolo per far posto ai fabbricati dell’Ospedale psichiatrico, progettati da Arnaldo Gardella e Luigi Martini, e alla colonia agricola per i degenti. L’unica testimonianza rimasta del vecchio cantone è la chiesa della Madonna delle Grazie – dapprima intitolata al Santo Spirito e detta appunto in “Arzola” – che si trova lungo via Mazzini.
Nel libro Una storia cittadina. Vie e piazze raccontano Alessandria, Alberto Ballerino rileva che «il tempio è documentato dalle visite pastorali dall’inizio del Seicento. Si caratterizza soprattutto per l’affresco raffigurante Maria che allatta il Bambino, databile tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo. Probabilmente l’opera non fu realizzata per questo edificio, dove potrebbe essere stata portata nel Seicento. L’attuale facciata è del Novecento». Nei pressi della chiesetta sorgeva la caserma della Gambarina vecchia soprannominata “della rogna” a causa della presenza di una infermeria di cavalli. Come ricorda lo studioso Piero Angiolini: «I nostri anziani potranno forse rammentare sul finire del secolo scorso, la scuola elementare di fronte alla chiesa, che serviva il rione e gli Orti; e, prima della chiesa stessa, l’Osteria del Babaciu (fantoccio) ritrovo preferito dei cappellai, e il mulita Viale (coltellinaio) assai noto per un suo garzone chiamato Mini indaffarato tutto il giorno a girare la mola al suo padrone!».
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