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C’è differenza tra un gattino e un cristiano? – l’Editoriale di Andrea Antonuccio

Care lettrici, cari lettori, quando ero bambino Beppe Grillo portava in tv uno sketch molto divertente. Impersonando lo speaker di un telegiornale, con voce impostata leggeva le notizie dicendo: «Maremoto nelle Filippine, diecimila morti. Ma tanto qui non è arrivato, ce ne sbattiamo le b…». Sono trascorsi diversi lustri da allora, e quella battuta un po’ grottesca è diventata una triste realtà: più una cosa è lontana da noi, meno ci interessa. Un esempio? La strage di cristiani in Sri Lanka (distanza dall’Italia: 7.620 chilometri), rivendicata dall’Isis: più di 350 vittime e oltre 500 feriti, martirizzati nella domenica di Pasqua. Proviamo a renderci conto dell’enormità del gesto, del dolore che ha provocato, dell’attacco frontale che è stato sferrato. Sono passati pochi giorni: sulle prime pagine dei quotidiani on line la notizia è ormai nella parte bassa dello schermo; e non durerà a lungo, sfiancata e spodestata dalle celebrazioni del 25 aprile e dall’appello di Saviano per salvare Radio Radicale. Su Facebook, l’agorà virtuale dai 40 anni in su (dai 39 in giù, per chi non lo sapesse, c’è Instagram), dopo qualche timido accenno all’attentato sono tornati in auge i gattini abbandonati, gli imperdibili sfottò sui politici e le sudate lauree dei figlioli (Notre-Dame? Già archiviata). La nostra epoca, così “interconnessa”, paradossalmente ci sta facendo ripiegare sul nostro (rassicurante?) ombelico. Sappiamo tutto, ma non vogliamo più saperne di nulla. Anche noi cristiani dobbiamo vivere così, immersi nella distrazione generale? Possiamo intenerirci per un gattino, e sbattercene di tutto il resto?

Andrea Antonuccio
direttore@lavocealessandrina.it

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