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Don Bosco, un Santo moderno che imparava dalla realtà

Don Leonardo Mancini, nuovo Ispettore dei Salesiani del Piemonte

Romano di nascita, 56 anni di età, don Leonardo Mancini (nel tondo) è salesiano dal 1984 e sacerdote dal 1991. È stato direttore del centro “Pio XI” di Roma dal 2000 al 2006; ha poi preso la guida dell’istituto Villa Sora di Frascati dal 2006 al 2011, e dal 2011 al 2012 è stato Maestro dei Novizi a Genzano (Roma). Dal 2012 al 2018 è stato Ispettore dell’Ispettoria del Centro Italia, per poi assumere il compito di Maestro dei Novizi a Pinerolo (dal 2018 al 2019) e a Castelnuovo don Bosco (dal 2019 al 2020). Dal 29 agosto 2020 don Leonardo è il nuovo Ispettore dei Salesiani di Piemonte, Valle d’Aosta e Lituania.

Don Leonardo, qual è il suo compito in Piemonte oggi?
«Come Ispettore ho un ruolo di animazione e di governo. Il mio compito principale è custodire e sviluppare il carisma salesiano nella porzione di chiesa e di territorio che mi viene affidata. Lo faccio visitando le comunità, solitamente da ottobre a maggio: ad Alessandria verrò dal 4 al 6 febbraio. Contestualmente, accompagno la vita dell’Ispettoria con aspetti di animazione e scelte di governo compiuti con l’ausilio del Consiglio ispettoriale».

Qual è l’aspetto della personalità o della vita di don Bosco che è risultato più decisivo per la sua vocazione?
«Gli aspetti sono principalmente due, separati ma inscindibili: la consegna totale di don Bosco a Dio, e la sua attenzione a tutti i giovani, in particolare a quelli più poveri. Lui educava i ragazzi facendoli crescere e maturare a partire dai loro interessi, da quello che vivevano. Ecco, questo è un approccio decisamente affascinante».

E oggi chi è per lei San Giovanni Bosco?
«Eh… è uno “Stargate” (sorride), una misteriosa porta di passaggio per andare verso Dio. Il salesiano non è la fotocopia di don Bosco, ma passa attraverso l’esperienza, la storia e le intuizioni del Santo per andare verso il Signore. La mia salvezza passa anche attraverso don Bosco. Sono chiamato ad assumere i suoi criteri per avvicinarmi a Dio».

Cosa può ancora dire il Santo piemontese agli uomini di oggi?
«Don Bosco è un Santo di una modernità sconcertante, pur essendo un uomo del suo tempo. Non aveva la pretesa di rimanere nella storia come grande pedagogista, ma la sua passione era la salvezza dei giovani. Per questo continua a essere moderno: in un’epoca come la nostra ci insegna la prossimità, la vicinanza ai più deboli e la carità, non solo come assistenzialismo ma anche come aiuto alla maturazione delle persone. Educazione ed evangelizzazione in don Bosco vanno sempre insieme: significa che il Vangelo non dimentica mai l’umano, la persona concreta, perché è proprio il Verbo incarnato che ha scelto questa modalità di manifestarsi agli uomini».

Spesso ci lamentiamo per la cattiveria del mondo, ma ai tempi di don Bosco si stava anche peggio… Come si può vincere il pessimismo sulla nostra epoca che spesso pervade le nostre comunità?
«Nelle case di formazione salesiane si usa dire che la bestemmia del salesiano è dire: “Non tocca a me”, mentre il motto dovrebbe essere: “Vado io!”. Intendo dire che di fronte ai problemi del mondo don Bosco non si è lamentato, ma si è tirato su le maniche. Si è messo in azione, fidandosi di Dio. Anche noi non dobbiamo stare troppo a lamentarci: rimbocchiamoci le maniche e diamoci da fare. Non fermiamo la spinta alla carità, al servizio e alla responsabilità».

Come si custodisce il carisma di don Bosco senza ridurlo o cambiarlo?
«Non è un lavoro solo umano, per fortuna (sorride), ma deve necessariamente alimentarsi con la preghiera, con la conoscenza di don Bosco stesso, di quello che ha detto e fatto. Poi c’è il confronto con gli altri confratelli, e anche con quei laici che hanno assunto il carisma con grande freschezza. Il carisma è un dono dello Spirito, è vivo: custodirlo significa tenerlo vivo e adattarlo alle nuove situazioni che si presentano. Don Bosco diceva: “Sono sempre andato avanti come il Cielo ispirava e le circostanze esigevano”. Ecco, dobbiamo guardarci intorno, ora, e vedere la realtà. Solo così noi potremo essere davvero custodi del carisma salesiano».

Andrea Antonuccio

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