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Didattica a distanza: quali conseguenze/2

La pediatra Sabrina Camilli

«Penso che tutti i bimbi avranno “memoria” di questo periodo. La memoria non è solo quella di cui si è consapevoli. C’è anche quella “implicita”, che resta dentro di noi ed “epigeneticamente” (cioè a livello di geni) ci cambia. Questo capita a tutte le età, nessuna esclusa».

Così, nello scorso numero del nostro giornale, la dottoressa Sabrina Camilli ci aiutava a capire che tipo di influenza a livello “profondo” tutta questa situazione sta avendo su bambini e ragazzi. Continuiamo ad approfondire l’argomento in questa seconda puntata.

Dottoressa, la didattica a distanza come ha influito sulla salute?

«Il passaggio dalle lezioni in presenza alla Dad è stato sicuramente impattante. A casa non ci sono i compagni di classe: viene così a mancare la complicità che è tipica del vissuto tra i banchi di scuola. Davanti ad un monitor, stare attenti è più difficile; ci possono essere problemi di connessione internet, spesso vi è la con-presenza di altri familiari nella stessa stanza: insomma, le difficoltà non sono poche. Penso che, come mi è stato riferito da ragazzi e genitori, è necessario molto impegno per seguire le lezioni ma i risultati sull’apprendimento non sembrano essere gli stessi rispetto alla didattica in presenza. In generale sono aumentati i disturbi del sonno, l’ansia, l’irritabilità e in alcuni casi i ragazzi risultano più irascibili e aggressivi».

E la deprivazione della compagnia dei coetanei (la cosiddetta “Peer Education”), come ha influito sulla salute?

«Non avere contatti fisici veri, concreti e reali con i coetanei riduce l’arricchimento del nostro cervello emotivo. Per gli adolescenti, che vivono un’età in cui l’inclusione e l’accettazione nel gruppo di pari è una meta essenziale da raggiungere, la chiusura forzata può aggravare quel senso di solitudine che spesso ritroviamo durante lo sviluppo. Sempre più frequenti sono le telefonate di mamme che mi chiamano preoccupate per i comportamenti dei loro ragazzi. Aumenta infatti la loro propensione all’isolamento, rinchiudendosi in camera e passando ore su internet. A questo contribuisce anche la mancanza di ore di sport organizzate fuori da scuola. Molti ragazzi poi sono in sovrappeso e obesi: questo, oltre che essere dannoso per la salute, aumenta anche il rischio di isolamento e depressione».

Ha dei consigli per i genitori per aiutarli a sostenere nella salute i figli e accompagnarli al meglio in questo periodo?

«Mi vengono in mente innanzitutto tre cose in merito: osservazione, relazione e dialogo. Queste ci permettono di conoscere meglio i nostri ragazzi, di mostrare il nostro interesse nei loro confronti e quindi di imparare ad ascoltarli e a parlare con loro. Ed è necessario trovare il tempo e farlo sin da quando sono piccoli. Ai nostri figli interessa essere amati, sentirsi amati, e non solo. Per loro è fondamentale sapere che c’è sempre qualcuno che in caso di difficoltà può supportarli ed è disposto a comprenderli. Dopo di che, vista la situazione, consiglio ai genitori di fornire spiegazioni il più semplici e chiare possibili della situazione contingente che stiamo vivendo, dando un nome alle emozioni ma senza caricarle troppo di significati nostri. E poi? Fare attività fisica. Che il bambino e il ragazzo non vi rinunci mai, magari con un po’ di musica di sottofondo. Solo così si abbasseranno i livelli degli ormoni dello stress e aumenteranno invece quelli del benessere, migliorando la regolazione emotiva. Fare una passeggiata insieme genitori e figli a passo svelto potrebbe essere un buon rituale di famiglia!».

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