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«Da homo homini lupus a homo homini amicus»

Martedì d’Avvento

«L’Auditorium di San Baudolino, com’è bello! Sono lieto di essere qui stasera, anche perché mia moglie è di origine alessandrina». Queste le prime battute che il professor Stefano Zamagni (nella foto qui sotto), presentato da Renato Balduzzi, ha riservato all’attento pubblico del secondo Martedì d’Avvento, che ancora una volta (dopo oltre 35 anni) la diocesi di Alessandria, insieme con il Centro di cultura dell’Università Cattolica e il Movimento ecclesiale di impegno culturale, propongono agli alessandrini nell’accogliente sede della Parrocchia di san Baudolino.

Secondo il professore bolognese, che papa Francesco ha chiamato a presiedere la Commissione pontificia per le scienze sociali, siamo oggi nella seconda “grande trasformazione”, per usare il linguaggio di Karl Polanyi: la prima grande trasformazione fu quella prodotta dalle due rivoluzioni industriali, la seconda è quella prodotta dalla globalizzazione e dalla terza e quarta rivoluzione industriale. Dunque lo smarrimento e la paura sono giustificati. Ma la paura o genera utopia, nel senso di rinviare a magnifiche sorti, oppure distopia, cioè non aspettarsi nulla di buono per domani e intanto abbracciare il pensiero disfattista. Francesco ci sta insegnando che la speranza è un compito e che la realtà può cambiare. Purché capiamo quale è l’acqua in cui nuotiamo e cerchiamo di trasformarla, trasformandoci nel contempo anche noi. L’acqua in cui nuotiamo è quella dell’individualismo libertario, dominato dal principio “io sono quel che voglio”, che vede la comunità come impedimento alla tua fioritura. Ma come ricostruire la comunità?

In primo luogo, ricostruendo la scuola come luogo educante, capace di trarre fuori da ciascuno le risorse morali e spirituali per comprendere il contesto e cambiarlo, trasformarlo. Il Patto globale per l’educazione che il Papa ha proposto un anno fa va in questa direzione: una mano che si mette sopra un’altra mano, con gioia.

In secondo luogo, riducendo le diseguaglianze sociali, drammaticamente aumentate negli ultimi quarant’anni, nonostante l’aumento complessivo della ricchezza. La diseguaglianza di ieri era legata a scarsità di beni e risorse, quella di oggi è legata alla loro cattiva distribuzione. Il processo economico va reso inclusivo: tutti devono lavorare (la Costituzione italiana non a caso pone il lavoro come fondamento della Repubblica). Lo Stato del benessere, inteso come assistenzialismo, non può essere la prospettiva di una vita. Il welfare è fondamentale se passa da welfare delle condizioni a welfare delle capacità di vita.

In terzo luogo, rivitalizzando la democrazia, che è sintesi di universalità, verità e libertà. L’universalità è erosa dal populismo, cioè la delega a un capo che interpreta i bisogni della popolazione. La verità è minacciata dalle fake truths, le verità false, veicolate e credute da un certo numero di persone, e dunque pensate come vere tout court. La libertà oggi soffre dell’assenza di responsabilità, e finisce per degenerare in libertinaggio.

Infine, in quarto luogo, vigilanza nei confronti, da un lato, del transumanesimo e della coscienza artificiale, cioè a robot capaci di percepire ed esprimere sentimenti. Come contrapporre un progetto neoumanista a quello transumanesimo?

La conclusione è: passare dalla riforma alla trasformazione, non ri-formare, ma andare oltre alla forma, trans-formare, con una citazione di Bonhoeffer: «Può darsi che domani sorga l’alba dell’ultimo giorno, allora, non prima, noi interromperemo il lavoro per un futuro migliore».

Il dibattito successivo alla lezione di Stefano Zamagni (con gli interventi, tra gli altri, del Vescovo di Alessandria, di Nicola Abbinante, del consigliere regionale Diego Ravetti), ha permesso di andare ancora più in profondità. Da homo homini lupus a homo homini amicus: questo lo sguardo dell’economia civile o economia del dono. Passare dalla punizione al premio, espungere il giustizialismo dalla giustizia, funzionalizzare la finanza al bene delle persone, non temere di essere piccolo gregge, assumere le proprie responsabilità sino a forme di boicottaggio.
Nel saluto finale, monsignor Gallese si è chiesto come possiamo trasformare il mondo: prendiamo “esempio” dall’Incarnazione, un “piccolo” evento che ha cambiato il mondo.

Come la comunità cristiana possa aiutare quest’opera di ricostruzione educativa e di riduzione delle diseguaglianze, questo sarà il compito del prossimo e ultimo martedì, in cui la teologa Morena Baldacci stimolerà la nostra riflessione su come la sinodalità liturgica può trasformarsi nella sinodalità pastorale.

R. B.

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