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La forza del silenzio

Dal 2014 il cardinale guineano Robert Sarah è Prefetto della Congregazione per il culto divino: con lui, dice nella prefazione Benedetto XVI, «la Liturgia è in buone mani». Stimolato dalle domande del giornalista Nicolas Diat, colui che nel 1979 fu il più giovane vescovo del mondo s’interroga su una dimensione che spesso sia la vita quotidiana sia il modo di celebrare trascurano un po’: il silenzio. La forza del silenzio (Cantagalli, pp 287, euro 22) vuole proprio evidenziare che la dissipazione frenetica che tutti un po’ contagiarende impossibile un vero contatto con Dio. Il pericolo è a tutti i livelli: ad esempio può «succedere che un sacerdote buono e pio, una volta elevato alla dignità episcopale, cada rapidamente nella mediocrità e nella preoccupazione di avere successo negli affari del mondo. Sopraffatto dalla funzione di cui è investito, agitato dal pensiero di apparire, preoccupato del proprio potere, della propria autorità e dei bisogni materiali del suo incarico, rimane progressivamente senza fiato» (p. 36). Non di rado il testo si lascia andare a toni polemici: «dopo due millenni, che paradosso sorprendente è vedere tanti teologi ciarlieri, tanti papi rumorosi, tanti successori degli apostoli pretenziosi e infatuati dei propri ragionamenti» (p. 51); bisogna «esaminare urgentemente l’opportunità ecclesiale e pastorale di queste immense celebrazioni eucaristiche cui partecipano migliaia e migliaia di persone» (p. 126); «farebbe bene che durante le celebrazioni tutti insieme, sacerdoti e fedeli, fossimo f sicamente rivolti verso l’Oriente, simboleggiato dall’abside» (p. 156); alcuni liturgisti «sono riusciti ad imporre gli applausi, anche durante i funerali, al posto del cordoglio, che normalmente si esprime nelle lacrime» (p. 163); «Ho già avuto modo di deplorare, in alcuni paesi dell’Africa, le processioni off ertoriali lunghe e rumorose, abbinate a danze interminabili» (p. 165). Proposte e osservazioni, queste, che hanno suscitato accese discussioni con valutazioni opposte. Comunque la si pensi, ha ragione il libro quando afferma che «gli uomini di oggi pensano che la preghiera consista nel dire delle cose a Dio, nel gridare e nell’agitarsi davanti a Lui, mentre la preghiera è molto più semplice. Consiste nell’ascoltare Dio che silenziosamente parla in noi» (p. 63) perché «non possiamo udire il Verbo se prima non siamo trasformati dal silenzio di Dio» (p. 69). Certo, non tutti sono chiamati a ritirarsi in monastero ma «ogni persona dovrebbe crearsi e costruirsi un chiostro interiore» (p. 89) trovando momenti di preghiera e raccoglimento. Conclude il certosino Dysmas de Lassus, priore della Grande Chartreuse: «il silenzio non è ricercato per se stesso ma per lo spazio che off re» (p. 236). E se provassimo, nel nostro piccolo, a distogliere ogni tanto gli occhi dalla televisione, dal computer o dal cellulare?

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