Chi di noi conosce l’origine dell’espressione inglese big bang (gran degli botto) riferita alla teoria che spiega il sorgere dell’universo? Fu lo scienziato Fred Hoyle nel 1949 a utilizzare in senso spregiativo questa locuzione, che descrive come da un mondo buio che si espandeva nacque il nostro mondo, del quale non siamo assolutamente al centro: «la materia della quale siamo fatti noi è poco più di un pizzico di sale nella minestra, più o meno come le uvette nel panettone» (p. 81). Ci spiega tutto Giovanni F. Bignami (che fu presidente dell’agenzia spaziale italiana e dell’istituto nazionale di astrofisica, conosciuto al grande pubblico per la sua partecipazione alla trasmissione televisiva Superquark) in Le rivoluzioni dell’universo (Giunti, pp 231, euro 20), uscito nei mesi scorsi dopo la morte dell’autore. Il grande mutamento contemporaneo consiste nella «astronomia di contatto» (p. 116) causata dalle sonde, la prima delle quali risale al 1959, fino ad arrivare ai giorni nostri «alla cattura e allo sfruttamento delle risorse minerarie asteroidi» (p. 140). Un tantino inquietante la parte finale del volume sul futuro della specie umana che, grazie alle manipolazioni genetiche, conoscerà un’evoluzione che farà però aumentare «enormemente la forbice culturale» (p. 206) tra i ricchi, a conoscenza delle strepitose potenzialità, e i poveri, che saranno protagonisti di «un’anti-rivoluzione culturale, o una rivoluzione post-culturale» (p. 207). Fusione nucleare e vita su Marte nei prossimi decenni, fine della vita sulla Terra a causa dell’evaporazione degli oceani tra un miliardo di anni e scontro tra galassie, completano le (fosche) previsioni. Con un linguaggio simultaneamente tecnico e accattivante il libro espone la storia del nostro pianeta e le sue prospettive, portando il lettore a una riflessione: noi che ci sentiamo sempre molto importanti, in realtà siamo solo una piccolissima briciola nell’universo.
Fabrizio Casazza