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Domenica a Betania la festa per i 150 anni dell’Azione cattolica – La responsabilità nel servizio

Don Vittorio, che cos’è per lei l’Azione Cattolica?
«L’Azione cattolica è un’associazione di laici, ma al di là delle definizioni ufficiali, per me l’Azione cattolica sono volti e storie di persone che all’interno delle loro comunità condividono un cammino comune di testimonianza e impegno cristiano. Personalmente ho incontrato l’Azione cattolica nelle attività con i giovani, l’Acr, Azione cattolica dei ragazzi, nei campi estivi alla Casa “Maria Nivis” di Torgnon: esperienza di gioia e di fraternità con i ragazzi e gli educatori».

Lei è assistente spirituale: che tipo di responsabilità è?
«L’assistente è chiamato a condividere il cammino dei laici, senza sostituirsi alle loro responsabilità nelle scelte e nell’impostazione dei cammini. È un ruolo che chiede di pensare al proprio ministero sacerdotale per quello che davvero dovrebbe essere: un servizio alla crescita umana e spirituale delle persone».

Che cos’è per la diocesi di Alessandria l’Azione cattolica?
«Nella nostra diocesi l’Azione cattolica ha una storia importante, perché ha costituito per decenni l’asse portante del laicato impegnato. Ma senza fermarsi al passato, occorre anche vedere l’impegno dell’Azione cattolica oggi: anche se i numeri sono diminuiti, l’associazione costituisce il contesto di incontro e formazione tra persone di età e di parrocchie diverse, che imparano a mettersi a servizio insieme nella Chiesa».

Che cosa può offrire alla Chiesa e al mondo l’Ac, oggi?
«Penso che il punto di forza sia il radicamento nelle parrocchie: l’associazione non si costituisce come un gruppo o comunità separata, ma si inserisce nelle parrocchie e nella diocesi per essere dall’interno proposta di confronto e di cammini di crescita».

Qual è l’insegnamento più importante che ha imparato dall’Ac?
«Credo che sia il modo di assumere e vivere la responsabilità nel servizio ecclesiale: infatti i laici responsabili a livello parrocchiale diocesano, e anche nazionale, sono democraticamente eletti da tutti gli aderenti e per un periodo limitato. È l’idea che l’associazione appartiene a tutti, non si costituisce intorno a leader carismatici, ma chiede a ciascuno di impegnarsi e di assumere delle responsabilità».

Per la sua vocazione quanto è significativa l’appartenenza all’Ac?
«In realtà quella dell’assistente non è esattamente una appartenenza, essendo l’Azione cattolica una associazione laicale. Credo che per un sacerdote l’arricchimento che può offrire l’associazione è proprio nel dare parola e responsabilità ai laici che insieme servono la Chiesa nelle diverse forme di apostolato, nell’annuncio, nell’attenzione ai poveri, nella crescita e formazione dei giovani, nell’accompagnamento delle famiglie».

Che cosa sente di augurare all’Ac?
«Il mio augurio è di leggere i segni di questo tempo, in cui molti uomini e donne, pur professandosi credenti, restano sulla soglia delle nostre comunità. È l’augurio che l’Azione cattolica possa restare con essi su questa soglia e far scoprire loro, laicamente, la possibilità di vivere il Vangelo».

Alessandro Venticinque

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