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Grazie, caro don Gianni

Vogliamo ricordare insieme don Gianni Merlano, il sacerdote che ci ha lasciato lo scorso 4 luglio. Lo facciamo dando voce a quanti, in questi anni, l’hanno conosciuto come parroco, rettore del Seminario, e anche nel suo prezioso servizio di confessore in Cattedrale. Un uomo semplice e di animo buono, che ha servito la Chiesa alessandrina, lasciando un segno indelebile.
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«Un prete tutto d’un pezzo, solido e vicino»

Primi anni settanta. Il vescovo diocesano monsignor Giuseppe Almici nomina assistente dei giovani di Azione Cattolica un sacerdote poco più che quarantenne, don Innocenzo (Gianni) Merlano, in sostituzione di monsignor Luigi Riccardi, assistente degli adulti oltre che direttore del settimanale diocesano e della casa di Betania.

In un primo momento rimaniamo perplessi: il nuovo assistente ci sembra meno attento al rapporto fede-storia (erano gli anni in cui dominava il tema “il cristiano e l’impegno nel mondo”), che una parte del gruppo considerava cruciale per la nostra formazione.

In breve cambiamo opinione: a don Gianni la storia interessava, eccome, ma più ancora gli interessavano la robustezza del percorso formativo e la serietà dell’itinerario di fede di ciascuno di noi. E così nasce una grande e solida amicizia con molti di noi, favorita dalla sua tranquilla ironia, dal suo realismo, dalla sua affidabilità.

Aveva una predilezione per l’espressione “un tantino”, che bene si addiceva al suo approccio pastorale: diffidente verso i grandi proclami, preferiva la gradualità e la costanza dell’impegno.
Ugualmente nota era la sua serietà nel preparare appuntamenti e impegni, della quale beneficiavamo (e ne eravamo consci). Ricordo una giornata di ritiro spirituale alla Maria Nivis di Torgnon, nel mezzo di quella che allora si chiamava la Settimana dirigenti. Il tema affidatogli era la preghiera e potrei, pur dopo oltre quarantacinque anni, ripercorrerne i passaggi, a cominciare dal titolo che le volle dare: “Conosco Dio e Gli parlo”.

Il realismo di don Gianni poteva spesso sconcertare, e un osservatore frettoloso e poco attento poteva scambiarlo per indifferenza se non disincanto. Come quando, commentando anticipatamente il tema dell’Anno Santo del 1975, dedicato al rinnovamento e alla riconciliazione, avvertì tutti noi che, al termine di quell’anno non ci saremmo trovati riconciliati: ma attenzione, ciò non significava per lui scoramento o assenza di speranza, ma consapevolezza che la riconciliazione è un percorso, un cammino, non un obiettivo statico.

Ci ha sempre colpito, in quegli anni e dopo, la serena e mai strumentale obbedienza sacerdotale dalla quale, anche quando le decisioni dell’autorità dovevano sembrargli ingiuste o incomprensibili, mai volle decampare. Quando penso al senso di Chiesa e alle sue manifestazioni, una delle prime persone che mi vengono alla mente è proprio lui.

La lunga vita di don Gianni è stata, come esattamente ha ricordato il vescovo mons. Guido Gallese, una vita di autentico servizio sacerdotale: e sono tante le persone, nella nostra diocesi e in quelle limitrofe, che hanno motivi di ringraziamento al Signore per averlo potuto avere come parroco o consigliere spirituale.

Se le cose che in questi giorni diciamo di lui avessimo voluto o dovuto dirgliele di persona, sono abbastanza certo che, dopo un primo momento in cui, complice appunto la sua naturale tendenza all’ironia, ci avrebbe guardato con quell’inconfondibile sguardo intelligente e sornione, avrebbe infine ammesso che sì, forse, un tantino ci aveva provato. Per quel “tantino” voglio anch’io unirmi al ringraziamento per la figura nobile di mons. Gianni Merlano, sacerdote della diocesi di Alessandria.

Renato Balduzzi

«Ci illuminava di speranza»

Fratelli, vi esorto io prigioniero del Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l’unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace” (Lettera di San Paolo apostolo agli Efesini, capitolo 4).

Una vocazione, un carisma, una serie di “talenti” che personalmente da molti anni in tantissime occasioni di incontro e frequentazione, recentemente, come Consulente ecclesiastico del Centro Italiano Femminile di Alessandria, ho potuto sperimentare, “toccare con mano”, vivere nella dimensione dell’ascolto di un Pastore attento e disponibile verso gli altri. Le nostre radici che affondano in due piccoli paesi collinari e limitrofi hanno dato origine sin da subito ad un dialogo sì spirituale ma anche ironico (perché la sottile ironia di fondo entrava puntuale nei nostri discorsi).

Ci siamo – tutte noi del Cif – unite nella preghiera nel momento in cui abbiamo appreso le notizie relative alla sua salute; ci siamo raccomandate a quel Padre buono cui lei faceva riferimento nel corso dei nostri incontri mensili (da marzo sospesi a causa della pandemia) fiduciose di poter ancora arricchirci nell’ascolto delle sue parole, nelle sottolineature dei valori cristiani basilari per questa nostra società “un po’ distratta”.

Avevamo tutte esultato quando il Decreto vescovile la nominava Consulente dell’Associazione, convinte che la sua profonda spiritualità, la discrezione, la quotidiana attenzione alle problematiche femminili ci avrebbero aiutate interiormente nel cammino personale e associativo non facile né semplice in anni di crisi delle aggregazioni cattoliche. Fu così.

Attendevo, inginocchiata in un banco della cappella della Salve, di poterle consegnare tra un penitente e l’altro, la “convocazione” dell’incontro Cif…Il suo bonario e accogliente sorriso, la pronta disponibilità facevano presagire che il tratto di strada, con lei quale guida, non sarebbe stato in salita ma celere perché illuminato dalla speranza che lei sempre sapeva trasmetterci. Ora le sue spoglie riposano là dove erano le sue radici, a pochissima distanza “dalle mie”… percepisco questo come un segno di conforto e di aiuto per il futuro.

Chi avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e, in eredità, la vita eterna” (Mt 19).

Rosa Mazzarello Fenu

«Una persona umile, attenta, affabile e premurosa nell’ascolto degli altri»

Dopo il lungo servizio pastorale nella città di Valenza, don Gianni è giunto in Cattedrale per svolgere il prezioso ministero di canonico penitenziere. Condivido il suo ricordo come persona umile, semplice, riservata, attenta, affabile e premurosa nell’ascolto e nel dare preziosi consigli. Dalla Casa del clero di via Inviziati, arrivava a piedi di buon mattino in Cattedrale e prima di entrare in confessionale pregava la Liturgia delle Ore. Poi arrivavano i penitenti, non solo dalla città, ma da Valenza e dai paesi. E lui ascoltava, confortava, esortava, consigliava e dispensava la Misericordia di Dio. Molti lo avevano scelto come padre spirituale e periodicamente venivano a lui. Il confessionale era diventato il luogo dell’incontro con la Misericordia di Dio.

Sempre disponibile per le celebrazioni che preparava con meticolosità, in ogni Eucarestia la preghiera dei fedeli era per lui il momento per tradurre in preghiera l’insegnamento del Vangelo appena annunciato.
Assolveva volentieri gli impegni liturgici non solo della Cattedrale, ma sovente aiutava qualche confratello che si assentava dalla parrocchia.

Dopo il forzato isolamento a causa della pandemia, iniziò ad accusare stanchezza e debolezza. Un’accidentale caduta sull’altare lo costrinse a una degenza all’ospedale. E poi il breve ricovero presso l’istituto Michel, dove lo colse la morte, proprio all’alba della festa della dedicazione a Dio della Chiesa cattedrale.

Qualche persona mi disse: «Don Gianni ha amministrato la Misericordia di Dio ora incontra il Dio della Misericordia». Per noi che lo abbiamo ammirato e amato ci sembra di vederlo arrivare e raccogliere ancora il suo sorriso, le sue brevi e arguite battute con il suo incedere, ormai stanco per gli anni, verso il confessionale. Don Gianni, grazie! Riposa in pace e ricordati di noi.

don Gianni Toriggia

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