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In festa per il 25° di don Emanuele Rossi

Anniversario di ordinazione

Domenica 5 giugno nella chiesa di Santa Maria a Castellazzo Bormida don Emanuele Rossi ha festeggiato i suoi 25 anni di ordinazione sacerdotale. «Dopo la Celebrazione, una piccola festa e un rinfresco con tutta la comunità e i rappresentanti delle altre parrocchie dell’Unità pastorale Bormida» comincia a raccontare il sacerdote, ordinato nella nostra Diocesi il 14 giugno 1997.

Don Emanuele, come è cambiata la sua vocazione?

«La voce di Dio che si rivela non cambia, è sempre lei. La sensazione è la stessa dell’inizio, ovvero essere guardati da questa Persona che ti rende te stesso, ti dà le coordinate per diventare ciò che sei. Sono prete, dopo 25 anni, per lo stesso motivo: Gesù vuole così e te lo fa comprendere, giorno dopo giorno. Non cambia lo sguardo di Gesù, cambia il modo di rispondere. Chiaro, all’inizio c’è tanto entusiasmo, con il passare degli anni si vive meno sull’emotività, ma si ha la consapevolezza che il proprio bene è fare la volontà di Dio. Anche umanamente, quando Dio dà un dono non lo toglie».

Questi 25 anni come li sintetizza?

«La sensazione è quella di ricevere molto di più di quello che si dà, vivere nel centuplo del Vangelo. Una pienezza di vita che cresce e si rinnova sempre di più. Il sintomo è il cuore che scoppia, come diceva madre Teresa di Calcutta. Per la gioia che c’è si allarga il cuore. Ma c’è anche la consapevolezza della fragilità del corpo ecclesiale, che si appoggia sulla fragilità umana dei suoi membri. E quindi si comprende, passo dopo passo, l’esigenza di curare questo corpo».

Il momento più bello, e quello più brutto?

«I momenti più belli forse sono quelli delle ordinazioni dei confratelli che hai aiutato. I momenti più difficili sono quando provi umanamente fatica a trovare il senso di ciò che fai. Quando non riesci ad accettare che la fecondità la veda solo Dio, e quindi resta nel Mistero. Quando vuoi dei segni e, se non li vedi, resti deluso».

Come si vede tra 25 anni?

«Tra 25 anni vorrei avere ancora la capacità di parlare a tutte le generazioni… è l’unico dono che ho chiesto a Dio durante la mia ordinazione. Spero di avere ancora la capacità di confrontarmi anche con i piccoli e con i lontani»

Rifarebbe tutto da capo?

«Bisogna chiedere a Gesù se è contento Lui, e se lo rifarebbe (sorride). Sì, io lo rifarei, senza alcun dubbio… a livello di significato e pienezza di vita difficilmente si trovano persone che stanno bene come me».

Vuole ringraziare qualcuno, in particolare?

«Ringrazio tutti quelli che mi hanno aiutato a essere me stesso. Il Vescovo che mi ha ordinato, monsignor Charrier. I formatori del seminario e i parroci che ci hanno dato il buon esempio. Combinazione, si chiamavano tutti Giovanni (sorride): da Cossai, Guazzotti, Toriggia e anche Merlano, che era parroco al duomo di Valenza, la mia parrocchia quando sono diventato prete. Ringrazio tutti di cuore».

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