Monsignor Gallese ai Martedì d’Avvento 2020
«La telefonata con il Papa è stata molto particolare ed è legata a un cambiamento. Ricordo che quando lui scrisse la “Evangelii gaudium” rimasi molto colpito dalle sue parole sui laici e sulle donne, dicendo che bisognava dare alle donne un posto nella Chiesa e introdurle anche dove si prendono decisioni. Io pensai che il luogo che prende le decisioni nella Chiesa locale e diocesana, dove non sono ammesse donne e laici, è il Consiglio episcopale, che è fatto da vicari episcopali che sono tutti sacerdoti.
Sentivo dentro di me che fosse importante dare spazio alle donne e ai laici. Allora scrissi a papa Francesco. Scrissi questa lettera in cui esprimevo il mio pensiero e chiedevo se non fosse il caso di inserire, proprio nel Consiglio episcopale, le donne e i laici, perché da lì escono tante cose che entrano nella realtà, nella storia e nel vissuto della Chiesa. Scrissi questa lettera, la misi nella mia borsa e non ebbi il coraggio di spedirla.
Andò avanti così per dei mesi, finché mi trovai a concludere un campo Scout che terminava in una chiesa di fronte a Santa Marta. Passai lì davanti e, avendo ancora la lettera nella mia borsa sgualcita, mi decisi a consegnarla in portineria di Santa Marta e scrissi sulla busta: «Santità, non ho avuto il coraggio di spedirle prima questa lettera, oggi lo faccio». Scrissi anche il mio numero di telefono.
Celebrai la Messa, partii da Roma e quando arrivai ad Alessandria squillò il telefono. Da un numero sconosciuto, mi rispose il Papa che mi disse: «Vai avanti, rispetta le norme del Diritto canonico, cerca di non sovrapporre le prerogative del collegio consultori. Ma vai, non ti fermare». Il consiglio diocesano permanente non arrivò subito dopo, è stato un parto faticoso. Ma credo sia uno strumento che ha acquisito molta profondità e larghezza di vedute proprio con l’introduzione dei laici».