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Da Pecetto un aiuto per l’Ucraina: le storie di Ludmylla e Giovanni

Le voci di chi ha partecipato

LUDMYLLA, dall’ucraina a Valenza. e ritorno

Tanta riconoscenza per chi, oggi, aiuta con grande generosità l’Ucraina, sin dai primi momenti del conflitto. E, nel cuore, il dolore per la tragedia disumana che da febbraio si sta consumando nel suo martoriato Paese. E a Kiev, la città da cui Ludmylla proviene. A lei, che coordina gli aiuti da Valenza all’Ucraina, abbiamo chiesto di raccontarci la situazione.

Ludmylla, quali sono i “beni” maggiormente richiesti?

«Le comunicazioni provengono da medici volontari che operano all’ospedale di Kiev. Ma io sono anche in contatto con un centro aiuti al confine con la Slovacchia, che riceve informazioni da volontari provenienti da varie città dell’Ucraina. Gli aiuti vengono mandati lì, e poi distribuiti».

Di che cosa c’è più bisogno?

«Al primo posto, assolutamente il cibo! Poi sono molto richiesti i prodotti per l’igiene, le salviette umidificate, i farmaci. E il borotalco: i soldati lo mettono nei loro scarponi».

La sua riflessione sul momento che stiamo vivendo?

«Mi auguro che ciò che sta accadendo nel mio Paese non accada a nessuno, mai più! Oggi la cosa più commovente è vedere che ci sono tante persone che hanno il cuore “grande come una casa”… le ringrazio tantissimo!».

Un aiuto da un pecettese d’adozione

«Non vivo a Pecetto, ma appena posso frequento la chiesa di questo piccolo borgo posto su una delle ultime colline del Monferrato. Lo faccio perché provo gioia nel partecipare alle Celebrazioni nelle quali vivo un momento intenso di spiritualità, che in ogni occasione mi viene offerto come un bel regalo che accarezza, e incredibilmente coinvolge, il mio cuore. Una domenica di fine inverno, al termine della Messa ho ascoltato le parole di don Luciano intese a farci vivere, seppure per pochi momenti, il dramma che si stava svolgendo in Ucraina. Sono state espressioni non formali, ma che salivano alle sue labbra direttamente dal cuore, colme di partecipata commozione. Tendeva la mano per chiedere un aiuto per quelle popolazioni dilaniate dalla crudeltà di un’inutile guerra, che stavano soffrendo la disperazione di una realtà nella quale si sono trovate coinvolte dalla sera alla mattina. Senza colpe, ma solo per colpa dell’egoismo di pochi. Ebbene, mi sono trovato in sacrestia, insieme a tanti altri che donavano senza troppe domande: anch’io sono stato coinvolto in quella gara di solidarietà e ho fatto la mia offerta. Per la prima volta ho provato una serenità interiore che mi ha fatto vivere in prima persona quel passo del Vangelo dove si dice che c’è maggior gioia nel dare che nel ricevere. È stata una goccia nel grande mare della Carità, che comunque avrebbe potuto curare, fasciare, carezzare una persona sconosciuta, che tuttavia ho sentito molto vicina, unita col filo di chi si sente amato da Dio perché è capace di amare gli altri. Sono tornato altre volte, spinto dal medesimo desiderio di far qualcosa. Ed è stata sempre una gioia».

Giovanni

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