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Non è costui il falegname? – commento al Vangelo

Dal Vangelo secondo Marco

Commento al Vangelo di Domenica 8 luglio 2018
XIV domenica del Tempo Ordinario

“Preferisco il fallimento al disimpegno” (Seneca, Lettera Lucilio, III, 25). La Parola di Dio di questa domenica propone tre esperienze di fallimento. Quella del profeta Ezechiele, che è mandato ai figli d’Israele, razza di ribelli che si sono rivoltati contro il Signore. Dio manda Ezechiele dal popolo corrotto dalla deportazione, sapendo che potrebbero ascoltare o non ascoltare. Il profeta sperimenterà il fallimento della sua predicazione. Quella dell’Apostolo Paolo che raccoglie i suoi fallimenti nell’immagine della “spina nella carne”, ma proprio da questa debolezza può lasciare spazio pieno a Gesù.

Quella di Gesù che predicando nella sua patria, dopo un iniziale stupore, vedrà lo scetticismo dei suoi compaesani e non compirà nessun miracolo. Nella “società del vincente” bisogna rieducare al fallimento, poiché nella vita se ne sperimentano molti piccoli e grandi. Educare al fallimento rende capaci di scoprire i propri limiti e di farne tesoro, per un equilibrato senso di sé. Capire i propri limiti aiuta a vivere meglio. Educare al fallimento fa sentire meno onnipotenti e più bisognosi degli altri. Ogni mania di onnipotenza produce solo isolamento e egoismi.

La relazione con Dio domanda una partecipazione decisiva alla sua opera

Educare al fallimento insegna a pensare e vivere l’esperienza umana come un cammino verso un traguardo, dove ci sono salite e discese, fermate e accelerate, ostacoli e scorciatoie, in continuo movimento. Nonostante la possibilità del fallimento “Dio che ti ha creato senza di te, non può salvarti senza di te” (Agostino, Sermo, CLXIX,13). La relazione con Dio non deve limitarsi all’attesa che Dio faccia tutto da solo per il nostro bene, ma domanda una partecipazione decisiva alla sua opera. Così la fede non è subita ma scelta, l’umanità ha una sua positività e può partecipare all’opera di Dio e la preghiera non è magia, ma compartecipazione attiva all’azione di Dio che vuole il bene del mondo.

La vita cristiana, illuminata dall’esperienza della croce, può divenire percorso tipologico per tutte le quotidianità, certi che c’è sempre una resurrezione, certi che l’amore di Dio è sempre più grande di ogni piccola e grande morte. Possibilità del fallimento e libertà dell’uomo possono diventare esperienze positive e di crescita se le lasciamo illuminare dalla grazia di Dio: tutto possiamo in colui che ci dà la forza!

A cura di don Giuseppe Di Luca

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