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La fase 2 dei bambini

Intervista alla psicologa Federica Boveri

«Se un bambino sta all’aria aperta al parco e si rispetta il distanziamento fisico non ha bisogno della mascherina, se va a trovare il nonno sarà il caso che la metta lui, il nonno o tutti e due»: così si è espresso Alberto Villani, presidente della Sip (Società italiana di pediatria) e direttore di Pediatria generale e malattie infettive dell’Ospedale Bambino Gesù, in una sua intervista a “il Giornale”. Questo consiglio rigoroso ha come presupposto scientifico che i bambini e gli adolescenti sono dei potenziali trasmettitori di virus esattamente come gli adulti. «A livello nazionale quelli tamponati sono poco più di duemila. Fatte rarissime eccezioni con patologie pregresse, hanno sintomi lievi, assenti o moderati. Ma il discorso della contagiosità vale anche per loro», spiega sempre Villani nell’intervista. Ma come possiamo aiutare i bambini (dai 3 anni in su) a comprendere questo nuovo modo di stare insieme? Abbiamo chiesto un consiglio a Federica Boveri (nella foto qui sotto), psicologa e psicoterapeuta che lavora come libera professionista ad Alessandria e Milano.

«I bambini nascono con una predisposizione caratteriale, un temperamento definito a livello genetico. Ma l’ambiente incide tantissimo sullo sviluppo del loro carattere. Per ciò in questa complicata Fase 2 i genitori devono più che mai essere la risorsa fondamentale per i loro figli, e in questo specifico caso devono farsi anche mediatori tra loro e i nonni. Bisogna trasmettere questo messaggio chiaro: se seguiamo queste poche e semplici regole la pericolosità di questo virus diminuisce: per questo lo facciamo, per il bene di tutti».

E come si può fare nel pratico?
«Va evitato l’atteggiamento del “vade retro!” se il piccolo si avvicina al nonno. Bisogna preparare prima il contesto: a casa, prima di vedere i nonni, si può spiegare con parole semplici e chiare che bisogna stare un po’ lontani ma che si può giocare ad esempio a lanciarsi una pallina da una parte all’altra della stanza o con il pallone all’aperto. Dalla parte dei nonni, si può suggerire di fare memoria di belle esperienze fatte insieme con i nipotini e ricordare loro che presto potranno tornare a farle (“Ti ricordi il bar dove prendevamo sempre la focaccina? Ti ricordi il gioco che facevamo sempre al mare?”). Il messaggio deve essere di natura pratica, come “gli spaghetti vanno mangiati con la forchetta”. La comprensione dei bambini avviene attraverso esperienze concrete: se li aiutiamo appunto a fare esperienza di questo nuovo modo di stare insieme, loro capiranno che se si comportano secondo queste nuove regole si può stare tutti in uno stesso ambiente con serenità. Ricordiamoci sempre che i piccoli apprendono con la ripetizione (il classico “a furia di ripetere”), non stanchiamoci mai di riprendere i concetti con tono di voce pacato e calmo, togliendo l’emotività e le urlate, con molta pazienza».

Quindi anche il fatto di indossare la mascherina in molti contesti può essere trasmesso in maniera giocosa?
«Certamente. Un’idea è quella di disegnare i suoi personaggi preferiti dei cartoni aggiungendo la mascherina, come i Pj Mask o Masha e Orso, e attivare il loro pensiero magico sempre in relazione ai loro eroi: se vediamo un cartone con dei personaggi che escono senza mascherina, proviamo a dire “accidenti se la sono dimenticata! Mandiamogli una mail per ricordarglielo”. I bambini sono più semplici degli adulti, non si fanno troppe domande: quando si esce di casa, ad esempio, possiamo dire una frase tipo “hai preso il cappellino, lo zainetto e la mascherina?”: tutto entra nella routine».

Sempre Villari si esprime così sulle uscite assieme ai bambini: «I più grandicelli fino ai tre anni, che già fanno qualche passettino, possono trotterellare accanto ad un adulto. Più complicata la gestione dei bambini fino ai sei anni, i più vivaci. Sarà dura, ma anche loro devono stare lontano dagli altri bambini e accontentarsi dei fratellini». E chi non ha i fratellini?
«La famiglia viene di nuovo insignita di un altro ruolo fondamentale e faticosissimo, ovvero ri-organizzare il tempo di tutti. Nonostante il momento complesso però, possiamo considerarla comunque un’occasione per rivedere alcuni schemi che forse non facevano bene a nessuno, come fare la colazione di corsa tra le urla e la frenesia generale. Per quanto riguarda lo specifico caso dell’impossibilità di vedere gli amici, bisogna distoglierli da questa richiesta ma assicurare che quanto prima ci sarà l’occasione di rivederli. Si possono usare le videochiamate per mantenere i contatti, sempre con moderazione e preparando anche in questo caso i bambini al fatto che rivedranno le educatrici o le maestre e i compagni ma potranno chiacchierare attraverso lo schermo. Potrebbe essere utile suggerire attività come far vedere agli interlocutori i loro disegni e lavoretti fatti in questo periodo, i loro giocattoli e così via. Anche in questa occasione si possono ripercorrere dei bei momenti passati insieme, assicurando che torneranno presto. Per i ragazzi più grandi si può trasgredire qualche regola messa in precedenza: ad esempio, anche se sono stati connessi tutta la mattinata con i professori della scuola, si può lasciare loro la possibilità di sentire via internet i propri coetanei».

Zelia Pastore

Leggi anche l’intervista alla psicologa Federica Boveri sul distanziamento sociale dei più piccoli

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