“Alessandria racconta” di Mauro Remotti
Nella giornata del 3 giugno 1257 il Comune di Bologna promulgò un decreto che riscattava dai quasi quattrocento proprietari i circa seimila servi presenti nel proprio territorio. L’eccezionale documento, il primo in assoluto che aboliva la servitù della gleba, era stato firmato il 25 agosto dell’anno precedente da un alessandrino: il podestà Manfredi da Marengo.
La decisione, peraltro molto ponderata, era scaturita a seguito della disfatta patita dalla nobiltà feudale del contado bolognese nel corso della battaglia di Fossalta contro il re Enzo di Svevia. Il prezzo concordato per l’affrancamento consisteva in otto lire per gli individui con un’età inferiore ai quattordici anni e di dieci lire per tutti gli altri, senza distinzione tra maschi e femmine. Il notevole sforzo finanziario (circa 54.000 lire d’argento bolognesi) non era però del tutto disinteressato: i soggetti “manomessi” diventavano a tutti gli effetti nuovi contribuenti delle casse comunali.
Pare che nello stesso periodo temporale anche altre città italiane (quali, Assisi, Parma e Vercelli) abbiano adottato analoghi provvedimenti. Nell’articolo intitolato Considerazioni sul Liber Paradisus, Maurizio Cavazza evidenzia che la condizione servile: «Veniva regolarizzata (a Parma dopo 10 anni), se c’erano determinate condizioni, e il padrone da cui era fuggito perdeva ogni diritto. Una sorte di sanatoria ex-post, una amnistia, e per il precedente proprietario una perdita pura e semplice. Inoltre vi era la necessità di sanare le situazioni giuridicamente irrisolte derivate da matrimoni misti, fra servi e liberi».
All’interno del memoriale – diviso in quattro capitoli, uno per ogni quartiere di Bologna – venivano indicati sia i nomi dei proprietari indennizzati sia dei servi liberati. Quattro diversi notai, tra cui il celebre giurista Rolandino dè Passeggeri, avevano provveduto a redigere appositi preamboli agli elenchi. Di estrema rilevanza l’incipit del tomo che si rifà alla creazione dell’uomo, così come narrata nella Bibbia: “Paradisum voluptatis plantavit dominus Deus omnipotens a principio, in quo posuit hominem, quem formaverat, et ipsius corpus ornavit veste candenti, sibi donans perfectissimam et perpetuam libertatem” («In principio il Signore piantò un paradiso di delizie, nel quale pose l’uomo che aveva formato, e aveva ornato il suo stesso corpo di una veste candeggiante, donandogli perfettissima e perpetua libertà»).
La prima parola, per estensione, finì per attribuire il nome all’intero decreto. In occasione del 750° anniversario del Liber Paradisus, l’Archivio di Stato di Bologna ha curato un’edizione digitalizzata del volume, che è consultabile sul sito internet: www.archiviodistatobologna.it. Nel mese di ottobre del 2017, papa Francesco, in visita alla città felsinea, ha ricevuto in dono dal sindaco una riproduzione stampata su carta pergamena della prima pagina del Liber Paradisus.
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