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La storia del vescovo che disse “no” ad Adolf Hitler

“La recensione” di Fabrizio Casazza

Il leone di Münster: con questo soprannome è passato alla storia Clemens August von Galen, che si potrebbe anche definire Il vescovo che disse “no” a Hitler, secondo l’appropriato titolo del libro dello storico Günter Beaugrand, pubblicato l’anno scorso da San Paolo (pp 270, euro 22), con traduzione dall’originale del 2005 di Giuseppe Botturi; un libro di grande successo, visto che la prima edizione risale addirittura al 1985.

Nato nel 1878 in una nobile famiglia, il conte von Galen studiò in Austria e in Svizzera. Ordinato presbitero nel 1904 a Münster, per due anni fu cappellano dello zio ausiliare, poi curato in varie comunità, nel 1919 parroco a san Matthias e nel 1929 a san Lamberto a Münster, finché nel 1933 fu chiamato all’episcopato nella stessa Münster.

Il momento era delicato: mentre alcuni presuli «rifiutavano un compromesso con il regime, altri cercavano, attraverso una prudente valutazione, di ottenere il meglio per la Chiesa» (p. 31). In effetti era viva la «preoccupazione di quali conseguenze avrebbe potuto avere per la Chiesa uno scontro aperto» (p. 53) con i nazisti al potere. È facile oggi formulare giudizi ma, scrive lo storico Beaugrand, «in un primo momento i vescovi furono ingannati, e solo lentamente compresero appieno quale ideologia fosse incarnata nel Terzo Reich e di quali atrocità esso fosse capace, fino all’Olocausto» (p. 120).

Nec laudibus nec timore, senza lusinghe e senza paura, come nel suo motto episcopale, von Galen nel 1941 indirizzò un’ardita lettera al questore cittadino per denunciare la sparizione e l’uccisione di tanti ricoverati dell’ospedale psichiatrico. Non bisogna infatti dimenticare che le politiche omicide del cancelliere Hitler e sodali cominciarono proprio con l’eliminazione della «cosiddetta “vita indegna di essere vissuta”, cioè uccidere tutte le persone innocenti quando si ritiene che la loro vita non serva più a niente per il popolo e per lo Stato […] in quanto cittadini del Reich improduttivi» (p. 187), come tuonò con chiarezza in un’omelia del 3 agosto 1941. Naturalmente il Vescovo si espose moltissimo a possibili fatali ritorsioni, ricevendo anche aspri rimproveri da gerarchi apicali, come il maresciallo Hermann Göring.

Dopo la guerra il venerabile Pio XII volle crearlo cardinale nel 1946 e pochi mesi dopo morì. Fu beatificato nel 2005 all’inizio del pontificato di Benedetto XVI, che si recò a rendere omaggio alle sue reliquie nella basilica vaticana.

Il libro, ricco di documenti e fotografie, riporta testi del beato veramente profondi e toccanti, considerando anche il fatto che furono coraggiosamente scritti o pronunciati nella Germania nazista. Per esempio il 20 luglio 1941, evidentemente in chiave autobiografica, citò l’episodio di un funzionario giudiziario cui Federico il Grande, re di Prussia nel XVIII secolo, «ordinò di annullare la sua sentenza emessa secondo la legge e di modificarla secondo il volere del sovrano. Questo autentico gentiluomo […] diede al suo re questa magnifica risposta: “La mia testa è a disposizione di Sua Maestà, ma non la mia coscienza”» (p. 181).

Libri come questo edificano il credente nella sua testimonianza cristiana, anche in condizioni difficili, e mostrano quanto valenti uomini di Chiesa si siano esposti, consapevoli di mettere a repentaglio la propria incolumità, per difendere il popolo dalla tirannia.

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