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Alla scoperta di Palazzo Inviziati

Corso di beni culturali ecclesiastici

Il secondo appuntamento per il corso di Beni Culturali ecclesiastici, in collaborazione con la Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria e la Direzione per i Beni culturali della Diocesi, ha avuto luogo giovedì 8 novembre presso lo storico Palazzo Inviziati, ora sede del Vescovado alessandrino.

La lezione è stata tenuta come di consueto dal professor Luciano Orsini, Delegato vescovile, con ben più di cinquanta partecipanti. Il professore ha prima delineato la vicenda storica dell’antico edificio, di remotissime origini, per poi procedere alla visione mediante fotografie a schermo delle preziose immagini dipinte su tavole lignee nelle tre sale al piano terra.

Le prime tracce architettoniche dell’edificio hanno origine in età pressoché coeva a quella della fondazione di Alessandria. Dapprima palazzo di rappresentanza della nobile casata e di dimensioni assai più ridotte dell’attuale, subisce una radicale ristrutturazione in periodo controriformistico, durante il quale diviene l’adeguata sede di dimora del Vescovo, un tempo presente accanto alla Cattedrale primigenia dedicata a San Pietro.

È a questo periodo che risale pertanto l’attuale conformazione visibile, con il rivestimento a intonaco dell’edificio e la creazione di una corte interna con una sopraelevazione di un piano nobile collegato alle primitive stanze del pianterreno, grazie a un ambiente a scalea. La storia del complesso, ricorda Orsini, si lega inoltre alla struttura dell’Annunziata, inglobata ora in parte in altri edifici, in massima parte perduta, e di cui resta a memoria solo un sottile campanile che si erge isolato dal tetto della struttura attuale del Vescovado.

A inizio Ottocento, in seguito alla nefasta demolizione napoleonica della Cattedrale cittadina, alcune testimonianze dell’antichissima costruzione vengono asportate; tra queste alcuni interessanti capitelli di spiccato gusto romanico sono collocati oggi al di sotto delle arcate del portico al piano terra. Passando a vicende più recenti, le bombe del Secondo conflitto mondiale, che tanto devastarono la città di Alessandria, non risparmiarono neanche la struttura del Vescovado che vide profondamente lesionata l’ala dirimpetto il portico, completamente ricostruita alla fine degli Anni 50.

La visita ha quindi proseguito all’interno, negli spazi di quello che fu il primo palazzo nobiliare, Palazzo Inviziati. Le prime due sale al pianterreno, ora sede di uffici, sono state interessate da un recentissimo intervento di restauro, attualmente ancora in corso di completamento, dei soffitti lignei e costituiranno gli ambienti nei quali avrà sede prossimamente il Museo diocesano.
Tramite l’ausilio di fotografie ad alta risoluzione fatte passare su di un monitor, i visitatori hanno potuto apprezzare l’eccellenza di opere non ancora libere dai ponteggi di lavoro. Le splendide tavole lignee delle due sale, visitate anche da una rappresentanza riconducibile all’Unesco, potrebbero risultare fra le più importanti conservati in Europa per qualità e freschezza delle immagini, e si inseriscono in una cultura figurativa che trova ampia diffusione in tutto il nord Italia e in alcuni territori europei, tra cui la Germania.

Numerosissimi volti maschili e femminili, mitici e coevi all’artista, dei quali il professor Orsini ha dato ampia descrizione soffermandosi sulle tipologie delle acconciature, sull’impreziosimento dovuto all’abbandonante presenza figurativa di gioielli, vengono proposti con una finezza e minuzia davvero insoliti per produzioni che, come gli esempi presenti nel Casalese, essendo viste dal basso, erano spesso realizzate più grossolanamente e senza troppo dispiego di dettagli. Non certamente così per i capolavori fissati sui soffitti della Curia. I volti si accompagnano inoltre a un’ampia rassegna araldica, esemplata da curiosi stemmi di famiglie appartenute al patriziato locale, e da un sorprendente bestiario di animali fantastici e non solo, nel quale l’artista si sbizzarrisce in quanto a fantasia e a composizioni immaginifiche.

L’ignoto e capace autore, forse un lombardo, è aggiornato su quelle che sono le novità iconografiche del tempo, prime fra tutte il ritratto di tre quarti, portato alla corte Sforzesca proprio dal genio dirompente di Leonardo. Le stesse acconciature femminili di certe figure, a treccia lunga, e gli abbigliamenti maschili richiamano per l’appunto la corte milanese come dettagliatamente illustrato dal Delegato vescovile. Si attendono comunque studi più approfonditi di questi rimandi per una migliore lettura di questi capolavori in miniatura. La datazione si lega invece verosimilmente al curioso stemma di Galeazzo Maria Sforza, ricorrente in tutte le sale, portando al decennio 1466-1476, ma ciò è probabilmente un inserimento postumo alla dipintura del complesso figurativo.

L’intervento conservativo, la visita e i nuovi progetti in campo costituiscono un tassello davvero significativo per la valorizzazione e la riscoperta del patrimonio storico artistico della città e non solo. Un ringraziamento particolare all’importante e fondamentale contributo della Regione Piemonte che, attraverso la Cep, Conferenza episcopale piemontese, ha permesso il restauro delle prime due stanze che ora saranno, a completamento dell’intero progetto, restituite alla collettività non esclusivamente locale ma al più ampio respiro e interesse di quella internazionale.

Andrea Fogli
con la collaborazione dell’Ufficio diocesano Beni culturali

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