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La morte a 10 anni per un social network?

La notizia – Morire su TikTok nel 2021

Antonella Sicomero è morta a soli 10 anni, a casa sua, nel cuore del quartiere Kalsa di Palermo. Fatale l’orribile gioco su “TikTok”, il social cinese amato dai più giovani, in cui si creano brevi clip musicali. La piccola, nel bagno, si è stretta la cinta dell’asciugamano alla gola per partecipare alla “Black out challenge”: la prova spopolata sul web, in cui vince chi resiste più a lungo senza respirare.

Dopo questa triste notizia, il Garante della Privacy ha disposto il blocco dell’uso dei dati degli utenti italiani per i quali non è stata accertata l’età anagrafica: si contano in totale, solo nel nostro Paese, circa 8 milioni di iscritti. Secondo le regole dell’app cinese, invece, è vietata l’iscrizione agli under 13. Mentre per la legge italiana i minori di 14 anni non possono avere un profilo sulle piattaforme social senza il consenso dei genitori.

Ma pare che Antonella avesse diversi profili anche su Facebook e Instagram. «Tik Tok era il suo mondo. E YouTube. Sempre lì stava. Controllarla? Ma se c’è la fiducia, se c’è il dialogo che avevo con mia figlia, non ti metti a controllare» il commento del padre della bimba, intervistato dal Corriere della Sera.

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«Rubava sempre il cellulare a sua madre e scaricava TikTok. Allora ci siamo arresi. Ballava e cantava, scaricava tutorial per truccarsi. Era anche una bambina molto ubbidiente. Tanto che non ho mai avuto l’esigenza di controllarla e infatti non le ho mai sequestrato il cellulare per vedere cosa facesse. Perché tra noi non c’erano segreti. È la regola della famiglia: ci si dice tutto e ci si aiuta tutti».

Sono le parole di Angelo Sicomero, il padre di Antonella che a 10 anni si è tolta la vita, senza volerlo fare davvero. Sono le parole di un padre sincero, un padre che come molti si trova a lottare tra il desiderio dei figli di diventare grandi e il mondo dei social. Tutti noi ci siamo fatti la stessa domanda: perché? Le variabili sono troppe, ma ci sono due aspetti che bisogna considerare per farsi un’idea di questa vicenda. Il primo sono i social network, ovviamente, il secondo è il rispetto che occorre avere nei confronti del “diventare grandi” dei nostri figli.

I social network sono il male del mondo? A sentire questa storia sembrerebbe di sì, se non ci fosse stato Tik Tok forse non sarebbe mai successo. Ma sono molte anche le storie positive. Per molti giovani i social sono stati un modo per rimanere in contatto, per farsi reciprocamente forza in questi lunghissimi mesi senza scuola, oratori e compagnie, luoghi fondamentali per “diventare grandi”. E allora da dove nasce questo malessere? Dove inizia la strada che porta una bambina di 10 anni a fare un video con una cintura attorno al collo, per mostrare sui social network che la morte non fa paura?

Probabilmente inizia dal non sentirsi ascoltati, profondamente ascoltati. Compiere un gesto di questo tipo serve a cercare di ottenere attenzione e considerazione, perché ciò che abbiamo non ci basta. O crediamo non ci basti, perché il vuoto che troviamo nel mondo reale è assordante e ci distrae da una sana ricerca di senso. Per questo motivo occorre stare attenti: frenare il desiderio di diventare grandi dei nostri figli significa rispettarli come persone. Diventare grandi è un processo che porta a costruire la propria identità, si passa attraverso dei veri e propri “periodi” che riflettono una particolare struttura mentale e la successione da un periodo all’altro, avviene quando è stato acquisito lo stato precedente. Questo ci dice che non è solo una questione di regole, ma di rispetto della vita. Certo, ci vuole coraggio a dire “no” ai propri figli, soprattutto se il lavoro ti tiene lontano per tutta la giornata, alimentando il senso di colpa che cerchiamo di allontanare con un “sì” solo per vedere quel sorriso che tanto amiamo.

Purtroppo non basta chiedere “come stai”? Occorre fermarsi, sedersi accanto a loro per il tempo necessario a tirare fuori la vera risposta, nascosta dietro quel bisogno di diventare grandi.
Cari genitori (e lo dico prima a me stesso), la felicità non è mancanza di tristezza, assenza di noia o sentirsi dire sempre “sì”. La felicità è una presenza costante, fisica, affettiva e spirituale. La felicità è ascoltare in silenzio un pianto, guardare dalla finestra le auto passare in strada, è dire: “No, questo non puoi farlo, perché c’è altro per te. La tua vita è una storia avvincente, raccontamela”. Questa è la settimana dei figli di don Bosco, il Santo dei giovani e di tutte le persone che sono parte della loro vita, che li sostengono un passo alla volta, nel loro diventare grandi.

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