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Abbiamo perso il senso del peccato

“Fede e medicina” di Franco Rotundi

Da molte parti si sente dire che nella società di oggi si è perso completamente il senso del peccato: questo perché si tende ormai a considerare tutto secondo valori di relativismo morale, di laicismo, spesso di “politicamente corretto”.

Tempo fa, tuttavia, sentii affermare da uno dei rari psicologi cattolici che tutto ciò non è per nulla vero, o meglio: è vero che si è perso il senso “cristiano” del peccato. In termini clinici, se la richiesta del Sacramento della Confessione è sempre più bassa, cresce esponenzialmente la domanda per la consulenza e trattamento psicologico, anche tra i giovani ed i bambini, oltre all’uso sfrenato di psicofarmaci (soprattutto antidepressivi), tra i più venduti e prescritti in Italia ed Europa.

Fatta salva la vera e propria malattia mentale, che è da sempre presente, nella gran parte dei casi la “richiesta di salute psichica” è legata a problemi dell’anima (psyché in greco); conflitti dovuti alle relazioni con i familiari, relazioni di coppia, con gli amici, con i colleghi di lavoro, con il “prossimo” in generale. Problemi legati a quella che anche noi cristiani, sempre più tendiamo ad eclissare: la coscienza.

Se consideriamo il numero enorme di suicidi registrati ogni giorno nel mondo “evoluto”, vediamo che il problema non è certo legato a problemi economici o sociali; tant’è vero che i tassi più alti (soprattutto in età giovanile) li troviamo nei Paesi più ricchi e privi di tensione sociale; guarda caso anche i più scristianizzati.

In definitiva nulla è più clinico del disagio di vivere, nessuna diagnosi psicologica è più corretta della introspezione della coscienza, della valutazione di ogni debolezza che ci porta verso il male.
Un mondo senza Dio diventa molto presto veramente disumano.

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