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«Stare insieme per condividere»

Verso le Unità pastorali

Domenica 6 marzo, nella parrocchia di Predosa, si è riunita l’Unità pastorale “Orba”, che comprende le parrocchie di Casal Cermelli, Portanova, Capriata d’Orba, Predosa, Castelferro, Mantovana, Tassarolo e Pasturana. Una sessantina di persone impegnate nella pastorale delle loro comunità si sono ritrovate con i loro sacerdoti, don Elio Dresda e don Giovanni Sangalli, il Vescovo monsignor Guido Gallese e i suoi delegati per il Sinodo e le Unità pastorali, don Stefano Tessaglia e don Giuseppe Di Luca. Abbiamo chiesto a don Elio Dresda, parroco di Casal Cermelli e Portanova, di raccontarci l’incontro.

Don Elio, come è andata domenica?

«È andata bene, la gente ha accettato questa novità. Certo, ci sono pochi preti, la difficoltà credo sia questa, ma d’altronde si fa fuoco con la legna che c’è. Sappiamo anche che un sacerdote che entra in una parrocchia porta avanti una sua linea pastorale, e quando sta in quel luogo per un po’ di tempo sceglie le persone e il cammino da percorrere. Il parroco nuovo che arriva magari la pensa diversamente, cambia tutte le linee e porta dello scompiglio. È vero che il parroco deve abituarsi alla gente, ma anche la gente deve abituarsi al parroco, e ci vuole tempo. Per evitare questi disguidi, mi è sembrata una buona idea raggruppare un gruppo di parrocchie con un gruppo di parroci, in modo da costituire una certa omogeneità di comportamento. E così anche se un parroco viene sostituito dall’altro, non ci sono quei “salti” che magari fanno scappare i fedeli. C’è più condivisione, i parroci insieme hanno una linea comune».

Ma è veramente così?

«Penso di sì. Nella Zona Fiumi abbiamo stabilito una linea comune e nelle varie parrocchie si cammina in un’unica direzione. C’è un moderatore, ma la decisione è comunitaria, la gente sa che la linea è quella e sa che i parroci sono quelli. E non ci sono contraccolpi, come ho visto succedere in passato, in cui quando cambia il parroco cambia completamente il percorso comunitario».

Anche da voi, come è successo in altri incontri, i fedeli si sono lamentati, dicendo: «Io voglio un parroco»?

«Soltanto una persona ha tirato fuori questo tema, ma non credo sia un problema così sentito. D’altronde, anche in una famiglia i figli sono tutti uguali, ma c’è quel figlio che è più simile a te e con il quale ti trovi meglio. È umano tutto questo».

Invece qual è la fatica più percepita dai laici?

«Direi che i laici sono pronti ad accettare questo nuovo percorso. L’unica lamentela che c’è stata riguarda i preti, che sono pochi: “I sacerdoti sono tutti a Roma”, dice qualcuno. Ma non è vero, sono tanti perché a Roma mandano preti da tutto il mondo visto che le facoltà più importanti sono lì. Ma poi tornano in diocesi…».

Con don Giovanni Sangalli vi siete parlati?

«Con don Giovanni ci conosciamo da anni, siamo in fraternità totale, è molto bravo. Ci intendiamo bene e non ho mai avuto problemi».

Siete solo in due: chiederà al Vescovo altri aiuti?

«Siamo solo in due, ma don Giovanni ha trovato alcuni sacerdoti che gli daranno una mano. Io seguirò le parrocchie di Portanova e Casal Cermelli, impegnandomi anche come nuovo Cancelliere della Diocesi. Spero di riuscire a fare tutto».

In conclusione, le Unità pastorali sono una buona occasione?

«Direi proprio di sì, e vedo che anche altre Diocesi si stanno muovendo in questa direzione. Certamente non sarà la soluzione a tutti i problemi, però è un primo passo per migliorarci. Io dico che i problemi sono prima di tutto spirituali, e poi organizzativi. Oggi c’è una gran confusione, teologicamente parlando, per cui credo che l’origine delle difficoltà sia proprio questa: da qui poi “ricade” sulla partecipazione e sulle cose da fare».

Andrea Antonuccio

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