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Madonnina dei Centauri: moto e storie

LA TESTA E LA PANCIA

Tutte le emozioni e le sensazioni del Motoraduno

Premettendo il fatto che viaggio in moto da quando avevo 14 anni, cioè a dire da 32 anni or sono, non posso dimenticare la prima volta che, con il mio cinquantino da enduro (regalo del papà per la promozione in IV Ginnasiale) partecipai al Motoraduno dei Centauri insieme a mio zio, né tutte le edizioni successive che puntualmente vissi fatta eccezione per un periodo di alcuni anni durante il quale, oramai maggiorenne automobilista, lasciai il mio vecchio 125 in garage e poi quando, uscito ferito ma fortunatamente vivo da un terribile incidente stradale sulla mia nuova ultima 350, me ne stetti a riposo. Per il resto, posso dire di non aver mai saltato una sola edizione ogni volta assaporando quel particolare clima di unione, vorrei dire perfino di fratellanza e di solidarietà, in una città, la mia, totalmente trasformata per quelle poche ore in cui diventa zona franca del popolo motociclista.

Negli anni tante cose sono cambiate: è vuoto il balcone di piazza Valfré affacciata al quale mia nonna mi cercava, in mezzo al gruppo ma, in compenso, è comparsa una deliziosa bambina ancora troppo piccola per la sella e poi tanti sono i ricordi, e tante le immagini, ma una frase, più di tutte, mi è rimasta in mente. Fu quella volta che mia madre, venne ad assistere alla sfilata in mezzo alla folla di piazza Genova e, incontratomi al termine, mi confidò di essersi commossa alla vista di quelle migliaia di motociclisti, vicini l’uno all’altro, come una persona sola. Quest’anno, ormai da tempo senza la rassicurante moto dello zio di fianco a me, ho percorso ancora una volta le strade della mia Alessandria in mezzo a tanti Centauri e, nell’euforia del Raduno, ho salutato molti sconosciuti venendo da praticamente tutti ricambiato, dal marciapiede al balcone dell’ultimo piano, con sorrisi sinceri, talvolta improvvisi come quello dell’uomo serio che, ascoltando “La Banda”, la canzone di Mina, “il cappello per aria lanciò”: allora ho ripensato a quella frase di mia madre e ho provato, per un attimo, la stessa commozione…

Silvio Bolloli

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