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Praticare & raccontare i santi segni

“La recensione” di Fabrizio Casazza

Simboli, riti, gesti del mondo cattolico purtroppo risultano oggi poco chiari anche a coloro che non sono lontani dalla vita della Chiesa. Ben vengano allora approfondimenti che aiutano a cogliere il significato di questi aspetti che sostanziano i riti e le prassi comunitarie. Sulla scia della riflessione del teologo Romano Guardini (morto nel 1968), il vescovo Franco Giulio Brambilla ha pubblicato con Queriniana “Praticare & raccontare i santi segni” (pp 114, euro 8). Pastore della diocesi di Novara dal 2012 e vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana dal 2015, il presule porta anche dati storici poco conosciuti al grande pubblico, per esempio che il segno della croce a partire dalla fronte, attestato fin dal V secolo, compare ufficialmente nella Messa solo nel Seicento.

Esso rappresenta «il sigillo del mistero che avvolge il tuo spazio (corpo) e il tuo tempo (vita)» (p. 17). Il gesto tipico del cristiano è il pregare in piedi, atteggiamento pasquale «perché il Dio dell’alleanza non vuole schiavi, ma uomini liberi» (p. 21). L’imposizione delle mani invece è atto di benedizione, fonte di guarigione, trasmissione di un incarico con conferimento della relativa autorità, partecipazione sacrificale.

A proposito del battesimo per infusione, quello normalmente praticato, che viene spesso ritenuto più recente rispetto a quello per immersione, il libro rileva al contrario che sono stati rinvenuti antichi battisteri poco profondi in cui l’acqua, elemento di purificazione e ristoro, arrivava solo al ginocchio. Il volume si sofferma anche su olio, luce, pane, vino, cero, cenere, incenso, abiti. A proposito delle campane, si spiega che il loro nome deriva dall’impulso che san Paolino da Nola nel V secolo avrebbe conferito alla produzione nella sua regione, la Campania appunto, dei bronzi per richiamare con il loro suono i fedeli, anche se in Occidente la loro diffusione si afferma quattrocento anni dopo e in Oriente ottocento.

Il suono diverso nell’Italia settentrionale è spiegato con il fatto che lì «le campane sono controbilanciate» (p. 100), con il perno più in basso, anziché “a slancio”, con il perno posizionato nell’estremità superiore della campana stessa. Insomma, in questo testo storia e teologia s’intrecciano nella liturgia. Interessante la conclusione: «“Trasmettere e raccontare i santi segni” è la sfida per immunizzare l’annuncio del Vangelo da un intellettualismo scadente e da un sentimentalismo melenso» (p. 108).

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