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La crisi della Juventus

“La testa e la pancia” di Silvio Bolloli

Mentre l’Alessandria naviga a vista nulla sapendo dell’andamento del proprio calendario (causa problemi Covid propri e altrui), in Serie A tiene banco la vicenda della Juventus e ciò non solo per le annose vicissitudini legate alla Superlega (sulle quali ci siamo già ampiamente espressi) o all’esame di italiano di Luis Suárez (avremo magari modo di dissertarne in futuro), bensì per la crisi in cui pare sprofondata la gloriosa Società della zebra, unitamente al proprio giovane, forse non così rampante, tecnico Andrea Pirlo.

Sia chiaro: anche i ricchi piangono e i cicli finiscono per tutti, e quello della Juventus, durato nove anni, non ha precedenti nella storia del calcio italiano ma una crisi è pur sempre una crisi. E quella bianconera fa rumore perché stiamo parlando di una squadra che ha vinto gli ultimi nove campionati di calcio italiani, azzerando quasi una generazione di calciatori che non indossavano le sue casacche, e che ha fatto man bassa anche di Super Coppe e Coppa Italia mancando solo il traguardo più ambito, quell’agognata finale di Champions persa due volte quando appariva a portata di mano.

È dunque evidente come, a fronte di un simile palmarès, sarebbe lecito aspettarsi un atteggiamento di totale indulgenza rispetto ad una crisi fisiologica che, alla quasi totalità delle altre squadre, accade, invero, assai prima. Ma quella della Juventus deve far riflettere per altre ragioni che, sommessamente, ricollegherei a troppe campagne acquisti grandi firme dimenticandosi dei giovani talenti di casa e, arrivo ai limiti della provocazione, investendo forse troppo su un uomo solo al comando, alludo non all’allenatore ma al mitico Cristiano (nella foto).

Questa volta è stata invece l’Inter a fare scuola, sagacemente affiancando a giovani talenti come Barella, Bastoni e Sensi, la forza e l’esperienza di un uomo del calibro di Lukaku e così costruendo la miscela vincente. In conclusione, dunque, nessun dramma per la crisi di una squadra che ha vinto più di chiunque potesse immaginare ma sarebbe forse opportuno, per la dirigenza, un salutare bagno di umiltà che la possa ricondurre a quello spirito che porta a costruire i successi dal basso.

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