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Il Magistero di Giovanni Paolo I

“La recensione” di Fabrizio Casazza

Il Magistero (pp 470, euro 29, San Paolo e Libreria Editrice Vaticana) raccoglie testi e documenti di Giovanni Paolo I, che fu Pontefice per solo un mese nel 1978 e che sarà proclamato Beato il 4 settembre prossimo. L’omonima Fondazione vaticana ora pubblica discorsi ufficiali e appunti dei diari: ne risulta la scoperta che si registrano casi di totale o parziale divergenza tra l’allocuzione effettivamente pronunciata e la sua trascrizione nelle fonti della Santa Sede. La sinossi in colonna mostra ciò in maniera inequivocabile.

Come autorevolmente rileva nella prefazione papa Francesco, Albino Luciani in tutta la sua esistenza «ha potuto rivolgere uno sguardo profetico nelle ferite e i mali del mondo» (p. 5) e lo ha fatto con uno stile di concretezza appreso nella sua famiglia di umili origini, formata da «gente che camminava sulla terra, non tra le nuvole» (p. 6). Lui stesso confessa al Collegio cardinalizio il 30 agosto 1978 di avvertire nostalgia per «non poter ritornare alla vita dell’apostolato spicciolo, che mi piaceva tanto» (p. 72). Qualche esempio delle sue lucide intuizioni. Il 1° settembre per sottolineare l’importanza del mondo della comunicazione dice (ma il testo ufficiale di Acta Apostolicae Sedis sorprendentemente non lo riporta) che oggi san Paolo andrebbe dal presidente della Rai o della Nbc statunitense a chiedere un po’ di spazio in televisione per poter efficacemente e capillarmente annunciare il Vangelo.

Il 3 settembre, ricevendo alcuni fedeli veneti, sottolinea il ruolo speciale dei parroci, «perché i vescovi possono essere tutto quello che volete; se i parroci non fanno, non succede niente in diocesi, eh» (p. 116). Lo stesso giorno mette in guardia dalle adulazioni: a proposito delle sue doti oratorie afferma che «è bastato che mi facessero vescovo, […], predicavo con la mitra in testa: “Uh, che prediche!”. Ma eran le stesse prediche…» (p. 122).

Nella terza udienza nella medesima data rimarca poi l’importanza del sostegno reciproco: «anche tra i cardinali, tra persone alte, c’è gente che alle volte ha bisogno di sentirsi incoraggiare (ho fatto bene? Ho fatto male?) di sentirsi dire: “Hai fatto bene”» (p. 127). Insomma, questo volume restituisce un quadro articolo di un Papa, ricco di umanità ed empatia ma anche colto e garbato, in cui il suo motto episcopale Humilitas è la chiave per interpretare i suoi insegnamenti.

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