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Joseph Haydn, le nostre relazioni tradotte in note

“La Voce delle note” di Giacomo Lucato

1772. Chiuso fra le stanze della residenza estiva dei principi Esterházy, vessato dall’umido clima ungherese e in preda a forti sbalzi d’umore per i lunghi mesi di lontananza dalla moglie, Joseph Haydn (1732-1809) scrive i sei quartetti d’archi Op. 20, poi denominati i “Quartetti del Sole”.

Una vita a difendere la sua musica (e le condizioni per crearla)

Contemporaneo di Mozart e Beethoven, Haydn fu prima di tutto un lavoratore instancabile. Egli vide presto germogliare il talento per la musica, ma dovette difendere con tutto se stesso la propria passione, lottando ogni giorno perché venisse riconosciuta alla proprie opere la giusta grandezza. E in effetti ci riuscì. Figlio di un mastro carraio e una cuoca, entrambi musicisti amatoriali, tra saltuari impieghi mal pagati utili a permettergli il sostegno minimo per gli studi, ebbe una vita al servizio di importanti famiglie nobiliari, che gli permisero di avere sempre assicurati vitto e alloggio e di dedicarsi senza sosta al proprio lavoro di compositore di corte e direttore d’orchestra. Nonostante la mole di creazioni “su richiesta” cui diede luce, la musica di Haydn pullula di spunti geniali, che rendono irresistibile l’ascolto per intero dei suoi lavori e ne definiscono l’eccellente valore artistico. Ogni nota delle sue partiture è piena di vitalità e tutti gli espedienti compositivi sfruttati per realizzare un discorso musicale intrigante non si arenano mai nel manierismo formale, ma acquistano caratteristiche tanto personali da rendere naturalissimo il fluire della musica, catturando facilmente l’attenzione dell’ascoltatore.

Il quartetto d’archi, ovvero come tradurre in musica la socialità umana

Haydn è sempre stato un amante delle storie. La sua è musica discorsiva, ricca di colpi di scena: non c’è battuta in cui non si venga sorpresi da un ritmo bislacco, un dialogo infervorato fra due voci, una dichiarazione d’affetto o un alternarsi di dispetti e battibecchi fra linee differenti. Sono proprio queste qualità, infatti, ad averlo consacrato ai posteri come il “Papà” del quartetto d’archi, la forma più perfetta cui fare affidamento per trasferire in linguaggio dei suoni il nostro essere “animali sociali”.

Suonare i quartetti di Haydn diventa inevitabilmente somigliante al lavoro di una compagnia teatrale alle prese con l’allestimento e la messa in scena di uno spettacolo, i cui membri del gruppo devono scambiarsi reciprocamente le varie parti, talvolta con grande velocità, all’interno di un tessuto musicale organizzato come la trama di un racconto. Gli strumenti si alternano nei ruoli di personaggi protagonisti e antagonisti, tra figure di sostegno o comparse sporadiche, portando avanti con dinamicità l’intera storia, cercando di tenere il pubblico col fiato sospeso fino al completo scioglimento delle tensioni narrative.

Affrontare i quartetti di Haydn si trasforma in un’approfondita analisi della socialità umana, passando per alcuni punti fondamentali del vivere insieme come il dialogo, il confronto e la realizzazione condivisa di un unico obiettivo comunitario, che trovano nella democrazia la loro massima espressione di libertà. Haydn ha lottato per tutta la propria esistenza a favore della libertà artistica, sebbene sia stato uno degli esempi più famosi di musicisti figli della cultura del mecenatismo. Non è un caso che abbia trovato proprio nel quartetto d’archi, formazione in cui si sintetizzano più che in altre l’equipollenza dei ruoli e il bilanciamento acustico, il terreno più fertile dove dar sfogo alla propria immaginazione.

Chi è Haydn, almeno per me

Ho incontrato Haydn e i suoi quartetti al mio primo corso di musica da camera, qualche anno fa, fra le montagne torinesi. Grazie alla sua musica, i miei insegnanti sono riusciti a trasmettermi tutta la loro passione nel condividere le note di questo compositore sul palcoscenico: da lì non ho più potuto farne a meno. Ora frequento il corso di Artist Diploma tenuto dal Quartetto di Cremona presso lo Stauffer Center for Strings, nella città di Cremona, dove sono secondo violino del Quartetto Goldberg, formazione con cui sono già riuscito a raccogliere importanti riconoscimenti e soddisfazioni, tra cui entrare a far parte de Le Dimore del Quartetto ed essere “Artist in Residence” per la stagione 2022/2023 presso la Fondazione Società dei Concerti di Milano. Haydn è stato e sarà sempre la guida per la mia carriera professionale, perché i suoi lavori raccontano storie di libertà.

Alcuni consigli di ascolto

«I quartetti dell’Op. 20, detti “Quartetti del Sole” sanciscono per Hadyn una presa di coscienza compositiva con la forma senza precedenti e daranno il via al prospero sviluppo di questa consapevolezza nelle sue opere successive, suscitando poi l’interesse dei colleghi Mozart e Beethoven, che la porteranno agli altari più elevati della musica classica. Vi propongo l’ascolto del quartetto op. 20 n. 2 nella versione del Chiaroscuro Quartet, ensemble che amo per il carisma delle interpretazioni e la ricerca di umanità fra le note dei più grandi compositori».

Consigli d’ascolto

Giacomo Lucato

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