“La recensione” di Fabrizio Casazza
«Una pregiata guida storica per la scoperta del volto attuale di Roma». Così il cardinale Angelo De Donatis, vicario generale della capitale, definisce il libro Roma. La Chiesa e la città nel XX secolo, appena pubblicato dalle edizioni San Paolo (pp 201, euro18).
Il volume è il primo di una serie, diretta dal vescovo ausiliare Paolo Selvadagi, dedicata alla riscoperta della storia contemporanea della Chiesa locale di Roma. Beh, si potrebbe pensare che non rappresenti una notevole scoperta un’indagine sulla comunità cristiana nell’Urbe; tuttavia, andando avanti nella lettura ci si rende conto che è maturata solo progressivamente la consistenza della Città Eterna come vera e propria Chiesa particolare e non come propaggine della Santa Sede. Lo mostrano con chiarezza e competenza i due autori, gli storici Andrea Riccardi (nella qui foto) e Marco Impagliazzo, rispettivamente fondatore e presidente della Comunità di Sant’Egidio.
Si capisce bene dal racconto come popolo e Papa siano compenetrati: lo si vide benissimo con il venerabile Pio XII, che durante la Seconda guerra mondiale cercò di «offrire la Chiesa come uno spazio d’asilo e d’aiuto, mentre provava a cercare varchi di pace tra i belligeranti» (p. 53). Nel periodo successivo la sua visione utopica di una città centro di vita spirituale rinnovata impattò con le problematiche del rapido inurbamento e le resistenze del vicariato. Poco prima di morire, nel 1958, definì la metropoli laziale «quasi terra di missione» (p. 77).
Il successore, san Giovanni XXIII, indisse un sinodo e fece trasferire i fatiscenti uffici del vicariato nell’attuale sede, accanto all’arcibasilica lateranense, che nei decenni divenne punto di riferimento e quasi visibile concretizzazione della comunità diocesana, tanto che dal 1970 l’arciprete dell’arcibasilica è sempre il cardinale vicario. San Paolo VI nel 1966 adottò la suddivisione territoriale in cinque settori che perdura a tutt’oggi, mentre il suo vicario Ugo Poletti portò avanti concretamente i suoi ideali.
Da ricordare il convegno del 1974, passato alle cronache come «sui mali di Roma»: in un partecipato e vivace contesto assembleare si affrontarono con coraggio gli snodi critici della pastorale a partire da una presa di coscienza della realtà. Nell’occasione il sociologo Giuseppe De Rita definì la città «culturalmente inerte, moralmente opaca, politicamente deresponsabilizzata» (p. 123). San Giovanni Paolo II pose l’ascolto e l’incontro come cardini della sua azione: fondamentali furono le capillari visite alle parrocchie, precedute alcuni giorni prima dall’invito a pranzo dei sacerdoti delle comunità, per avere il preciso polso della situazione. Nel frattempo, crescevano la mobilità sociale e il meticciato di etnie e culture, anche all’interno del clero, tanto che l’anno scorso i presbiteri non italiani operanti nelle parrocchie romane erano circa il 40%.
Il lungo sinodo celebrato dal 1986 al 1993 e la successiva capillare “Missione”, guidata dal cardinale Camillo Ruini, non riuscirono a fermare il «costante calo della partecipazione dei fedeli alla vita religiosa» (p. 184), scontrandosi con «la resistenza e la perplessità delle strutture ordinarie della pastorale ad assecondare in modo permanente la fuoriuscita da esse in una logica missionaria» (p. 185). Una nota locale. Nel volume è citato anche Giovanni Canestri, nato a Castelspina in diocesi di Alessandria, che nella capitale fu vice parroco, parroco, direttore spirituale del seminario, ausiliare e vicegerente, morto nel 2015 come cardinale arcivescovo emerito di Genova. Viene definito «stimato dal clero» e appartenente «a un mondo ecclesiastico che non sempre aveva condiviso la linea del cardinale» (p. 137) Ugo Poletti (novarese, vicario dal 1973 al 1991), pur se con lui molto collaborativo.
Gli autori non si ergono a giudici dei protagonisti ecclesiali del secolo scorso, pur descrivendo con sincerità pregi e limiti delle diverse impostazioni, che non mancano nelle realtà umane. Ora tocca alla presente generazione raccogliere l’eredità degli antenati per potenziarne i punti di valore, affrontando con coraggio le sfide attuali, nella prospettiva di una «Chiesa in uscita verso le periferie esistenziali», incessantemente raccomandata dal Santo Padre Francesco.
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