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Dopo un anno di Covid-19

“Fede e medicina” di Franco Rotundi

Meditando e pregando la Passione, Morte e Resurrezione del Signore, tante riflessioni assumono un significato ancora più importante, anche riguardo la medicina e la Fede. Un grande richiamo all’umiltà: lo abbiamo già fatto altre volte, ma ora, dopo un anno di pandemia, molti medici dovrebbero fare un ulteriore esame di coscienza su quello che abbiamo saputo fare, e soprattutto “dare”.

Diciamo subito che proprio dopo un anno, pur con grande impegno, le soluzioni per la pandemia non sono state ancora trovate (visti i risultati clinici), salvo il ricorso a quanto di più “brutto” e meno clinico ci sia, come la segregazione, il distanziamento e il coprifuoco (parola bruttissima) e la speranza (giustissima) nella vaccinazione di massa, per sua natura, però, difficile da realizzare. I risultati clinici, per ora, sono molto scarsi, forse peggio di quelli “politici”: mi riferisco non solo agli oltre centomila morti, ma soprattutto a una generazione di giovani quasi “annientata” psicologicamente da due anni scolastici persi (con buona pace della Dad), senza relazioni sociali, senza cultura, senza sport, bombardata solo da “dati” mediatici epidemiologici peraltro consegnati in maniera confusa e clinicamente imprecisa, oppressi da un “delirio normativistico” consigliato da scienziati, come se fossimo un popolo di stupidi.

Avevamo già detto come molte conquiste della ricerca si scontravano con gli aspetti propri della malattia: per esempio molti tumori o malattie genetiche, pur studiati e ben inquadrati, non hanno avuto molti risultati terapeutici e ancora oggi gran parte della prognosi spetta al tipo biologico della malattia più che all’intervento medico, pur importante e necessario. Nel caso dunque di questa ultima e ancora presente pandemia i rimedi terapeutici efficaci sono affidati a farmaci vecchi di secoli, e i metodi segregativi sono addirittura superiori a quelli applicati nelle cicliche pestilenze che hanno decimato le popolazioni europee dal medioevo a oggi. Si sono applicate per tempi lunghissimi misure limitative della libertà a mio avviso ai limiti della Costituzione. Si dice che non c’è libertà senza vita: verissimo, ma verissimo anche il contrario. Non c’è Vita, al di là di quella vegetativa, senza la libertà, soprattutto per i giovani che sono il futuro e, per ora, coloro che non si ammalano. Il Signore, nella sua Passione, ha accettato non solo la sofferenza, ma anche la umiliazione: la Umiltà di noi medici deve fare rinascere la Vita.

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